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Editoriale

Il catasto del Colosseo

04/05/2010

Seicentomila euro per una casa di centottanta metri quadri che affaccia sul Colosseo: al di là del fatto che il giochetto è costato poltrona e faccia al recidivo Scajola (costretto a dimettersi dopo giorni e giorni di rocciosi nonmidimetto), al di là delle esilaranti autodifese (a qualcuno di voi è mai successo che altri gli pagassero la casa di nascosto?), al di là della conferma dello stile dei nostri (sul quale concordiamo in pieno con il grande Robecchi: Scajola doveva restare lì, come prototipo dell'intera classe politica), ragioniamo un attimo sul fatto in sé. Una casa viene venduta in atti ufficiali con una evidente bugia, il suo valore ufficiale è platealmente al di sotto di quello reale. Questo è successo nella compravendita Papa-Scajola nell'anno 2004, questo succede in tutte le compravendite immobiliari in Italia. Questo è successo per tutti i lunghissimi anni del boom immobiliare e succede ancora adesso, con la crisi che ha ridotto a “sole” 600.000 all'anno le transazioni di case residenziali. Un metodo che legalmente nasconde al fisco 70 miliardi di euro all'anno. E lascia fuori dai riflettori un'enorme zona grigia, facile nascondiglio di riciclaggio e tangenti. Archiviato (forse) il caso-Scajola, qualcuno vorrà prendere in mano il caso-catasto?

Nel 2009 e compravendite residenziali in Italia sono state 609.145: in calo, rispetto agli anni ruggenti la cui cavalcata è iniziata nel 2001 e si è fermata nel 2008. E' sceso anche il loro controvalore, il fatturato dei rogiti: 100,2 miliardi, secondo le stime dell'Agenzia del territorio. Nel 2007 erano quasi 130 miliardi, nel 2008 sono stati 113,5. Ma attenzione: quella dell'Agenzia (che è l'erede del vecchio catasto) è una stima, basata sui valori di mercato degli immobili. Tutt'altra è la storia che si mostra al fisco, che al momento dell'atto chiede tre imposte (di registro, catastale e ipotecaria) e dove – come sanno anche i sassi, oltre ai milioni di italiani che hanno comprato casa stringendo tutte le cinghie possibili e senza l'aiuto di faccendieri – fa fede il valore catastale. Fino al 2007 la legge diceva che le imposte si calcolano sul prezzo di vendita: però poi disponeva che non poteva partire nessun accertamento fiscale se il valore dichiarato era pari o superiore al valore catastale. E quindi tutti dichiaravano il valore catastale, a meno che non ci fossero altre ragioni per dichiarare un po' di più (per esempio, nel caso Scajola pare che il valore dichiarato fosse esattamente quello del mutuo fatto dalla famigliola), ma nessuno si sognava di dichiarare il vero valore di mercato. Che veniva dunque corrisposto in nero, con assegni al portatore o circolari o in contanti, e il notaio che usciva un attimo dalla stanza.

 

Adesso, togliete l'imperfetto: tutto ciò succede ancora oggi, solo che la legge ci ha messo un'altra toppa. La prassi è diventata regola, per cui nelle compravendite tra privati si può scegliere di pagare le tasse sul solo valore catastale, però si è obbligati a scrivere il reale valore dell'immobile nell'atto. Dunque, il notaio non ha più bisogno di distrarsi o andare in bagno: si indicano tutte e due le cifre, una sola vale per il fisco. E l'altra? Vale per la trasparenza, a futura memoria, per le statistiche, per quel che volete ma non per far pagare le tasse sul reale valore dell'immobile. Per cui resta legale il fatto che il proprietario dell'attico sul Colosseo paghi le tasse come se stesse comprando al Tuscolano - e viceversa.

 

Con questo giochetto, si nascondono al fisco un bel po' di valori. Nella media, il valore catastale è un terzo di quello reale - dicono gli esperti del settore. Questo vuol dire che su quei cento miliardi compravenduti l'anno scorso, solo 33,3 (più o meno) sono esistiti per il fisco. Dunque, sono stati nascosti al fisco quasi 70 miliardi. Una questione rilevante, forse anche più dei 900 milioni dei quali secondo l'accusa Scajola ha goduto in nero. Che segnalano un'altra conseguenza dell'esistenza della zona grigia tra catasto e mercato: nella zona grigia, per definizione, tutto si confonde e mescola più facilmente, dunque può passare di tutto, dalle tangenti al riciclaggio.

 

Tornando al fisco. Molti dicono che va bene così, perché se facessimo emergere tutti quei cento miliardi, con le tasse che ci sono sulle case, sarebbe una stangata non solo per gli Scajola con vista Colosseo ma per tutti i cittadini-proprietari, anche quelli che a fatica pagano il mutuo. Ed è vero: adesso sulle compravendite le imposte arrivano al 10% per le seconde case, e al 3% (più circa 300 euro in quota fissa) per le prime case. E' ovvio che, qualora le rendite catastali dovessero essere aumentate per tener conto della realtà, si dovrebbero anche ridurre le aliquote. Però il gioco non è a somma zero, poiché porterebbe a una redistribuzione del peso fiscale – ad esempio, tra centri storici e periferie – più giusta e più aderente alla realtà. Oltre a cancellare le zone buie con i conseguenti pericoli di inquinamento à la Scajola.

 

Ovviamente, questa riforma non si fa. Prima era all'ordine del giorno di tutti i governi, adesso neanche più lo dicono. Stanno trasferendo il catasto ai comuni, ma senza aggiornarlo neanche un po'. Così come non si parla più di quelle altre questioni riguardanti fisco e casa (la cedolare secca sugli affitti, per far mettere un po' più di case sul mercato, qualcuno se la ricorda? Sparita). Troppo noiose, troppo faticose, troppo sconvenienti.

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Commenti

Risposta a "di tutto un pò"

Non ho mai scritto che Scajola si è dimesso perché ha evaso il fisco, si è dimesso, finalmente, perché sospettato di aver preso dei soldi da un faccendiere che lavora col governo. Se questo passaggio è avvenuto attraverso la compravendita di una casa, lo si deve all'esistenza di una zona "grigia" tra il valore di mercato e il valore (legalmente) dichiarabile, ossia quello catastale, secondo le regole in vigore al momento della compravendita. Ho voluto sottolineare l'assurdità di questo meccanismo: il fatto che sia usato da tutti (ripeto, legalmente) non toglie che sia assurdo. Cmq, tra i milioni di italiani che hanno comprato pagando le tasse sul solo valore catastale e l'ex ministro c'è una differenza essenziale: i primi possono dire senza problemi da dove venivano i soldi che hanno versato per comprarsi la casa.

di tutto un po'

l'articolo mescola tutto in un minestrone poco comprensibile
facciamo ordine

scajola ha evaso il fisco non rispettando le regole vigenti al momento
ma lo ha fatto come tutti, me compreso
la cosa vale le dimissioni ma non è "anomala"
poi per fortuna le regole sono cambiate

le nuove regole di tassazione sul valore catastale sono sagge
non è saggio invece non aggiornare i valori catastali
i comuni avevano l'incentivo dell'ici per rivederli, ora non l'hanno più
(questo varrebbe le dimissioni di tremonti)

scajola ha pagato la casa con soldi che non ha guadagnato e dichiarato
e questo vale le dimissioni, l'esilio, l'ostracismo, la pece e le piume
più la gogna mediatica e un carro al carnevale di viareggio

ora aspettiamo cosa ci riserva il "complotto" contro lunardi


Il notaio

Non credo che il notaio abbia alcuna responsabilità nei casi citati. Piuttosto si dovrebbe tornare alle compravendite per atto pubblico stipulate negli appositi uffici pubblici, i quali avrebbero così la possibilità di intervenire immediatamente nelle situazioni palesemente sospette. Finchè lo Stato continuerà a delegare una delle sue principali funzioni a privati (notai) niente potrà cambiare l'andazzo. Tutto ciò però non toglie nulla all'evidenza riprovevole del caso Scajola, in quanto ministro, e, a livello di responsabilità morale, di tutti i casi analoghi, da chiunque commessi. Se i cittadini comuni potessero accedere ad una abitazione a condizioni sopportabili di locazione privta e/o pubblica, anche i prezzi di mercato degli appartamenti si calmiererebbero e lo spazio di evasione si ridurrebbe. Campa cavallo.....

Il notaio

Come scrivete voi, la legge è stata modificata dopo il 2007: le tasse si pagano sul valore catastale, ma le cifre indicate nell'atto devono essere quelle vere. Il legislatore ha operato in questo senso perchè solo rilevando le cifre vere si può pensare nel tempo di revisionare i valori catastali, rendendoli più aderenti alla realtà.
Ma a questo punto entra in gioco anche la responsabilità del notaio che ha - a quanto pare - certificato il falso. Come si concilia tutto questo con la sua deontologia professionale? A cosa serve un notaio se non a certficare la veridicità di un atto? Cosa ne pensa il consiglio nazionale del notariato?

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