Seicentomila euro per una casa di centottanta metri quadri che affaccia sul Colosseo: al di là del fatto che il giochetto è costato poltrona e faccia al recidivo Scajola (costretto a dimettersi dopo giorni e giorni di rocciosi nonmidimetto), al di là delle esilaranti autodifese (a qualcuno di voi è mai successo che altri gli pagassero la casa di nascosto?), al di là della conferma dello stile dei nostri (sul quale concordiamo in pieno con il grande Robecchi: Scajola doveva restare lì, come prototipo dell'intera classe politica), ragioniamo un attimo sul fatto in sé. Una casa viene venduta in atti ufficiali con una evidente bugia, il suo valore ufficiale è platealmente al di sotto di quello reale. Questo è successo nella compravendita Papa-Scajola nell'anno 2004, questo succede in tutte le compravendite immobiliari in Italia. Questo è successo per tutti i lunghissimi anni del boom immobiliare e succede ancora adesso, con la crisi che ha ridotto a “sole” 600.000 all'anno le transazioni di case residenziali. Un metodo che legalmente nasconde al fisco 70 miliardi di euro all'anno. E lascia fuori dai riflettori un'enorme zona grigia, facile nascondiglio di riciclaggio e tangenti. Archiviato (forse) il caso-Scajola, qualcuno vorrà prendere in mano il caso-catasto?
Nel 2009 e compravendite residenziali in Italia sono state 609.145: in calo, rispetto agli anni ruggenti la cui cavalcata è iniziata nel 2001 e si è fermata nel 2008. E' sceso anche il loro controvalore, il fatturato dei rogiti: 100,2 miliardi, secondo le stime dell'Agenzia del territorio. Nel 2007 erano quasi 130 miliardi, nel 2008 sono stati 113,5. Ma attenzione: quella dell'Agenzia (che è l'erede del vecchio catasto) è una stima, basata sui valori di mercato degli immobili. Tutt'altra è la storia che si mostra al fisco, che al momento dell'atto chiede tre imposte (di registro, catastale e ipotecaria) e dove – come sanno anche i sassi, oltre ai milioni di italiani che hanno comprato casa stringendo tutte le cinghie possibili e senza l'aiuto di faccendieri – fa fede il valore catastale. Fino al 2007 la legge diceva che le imposte si calcolano sul prezzo di vendita: però poi disponeva che non poteva partire nessun accertamento fiscale se il valore dichiarato era pari o superiore al valore catastale. E quindi tutti dichiaravano il valore catastale, a meno che non ci fossero altre ragioni per dichiarare un po' di più (per esempio, nel caso Scajola pare che il valore dichiarato fosse esattamente quello del mutuo fatto dalla famigliola), ma nessuno si sognava di dichiarare il vero valore di mercato. Che veniva dunque corrisposto in nero, con assegni al portatore o circolari o in contanti, e il notaio che usciva un attimo dalla stanza.
Adesso, togliete l'imperfetto: tutto ciò succede ancora oggi, solo che la legge ci ha messo un'altra toppa. La prassi è diventata regola, per cui nelle compravendite tra privati si può scegliere di pagare le tasse sul solo valore catastale, però si è obbligati a scrivere il reale valore dell'immobile nell'atto. Dunque, il notaio non ha più bisogno di distrarsi o andare in bagno: si indicano tutte e due le cifre, una sola vale per il fisco. E l'altra? Vale per la trasparenza, a futura memoria, per le statistiche, per quel che volete ma non per far pagare le tasse sul reale valore dell'immobile. Per cui resta legale il fatto che il proprietario dell'attico sul Colosseo paghi le tasse come se stesse comprando al Tuscolano - e viceversa.
Con questo giochetto, si nascondono al fisco un bel po' di valori. Nella media, il valore catastale è un terzo di quello reale - dicono gli esperti del settore. Questo vuol dire che su quei cento miliardi compravenduti l'anno scorso, solo 33,3 (più o meno) sono esistiti per il fisco. Dunque, sono stati nascosti al fisco quasi 70 miliardi. Una questione rilevante, forse anche più dei 900 milioni dei quali secondo l'accusa Scajola ha goduto in nero. Che segnalano un'altra conseguenza dell'esistenza della zona grigia tra catasto e mercato: nella zona grigia, per definizione, tutto si confonde e mescola più facilmente, dunque può passare di tutto, dalle tangenti al riciclaggio.
Tornando al fisco. Molti dicono che va bene così, perché se facessimo emergere tutti quei cento miliardi, con le tasse che ci sono sulle case, sarebbe una stangata non solo per gli Scajola con vista Colosseo ma per tutti i cittadini-proprietari, anche quelli che a fatica pagano il mutuo. Ed è vero: adesso sulle compravendite le imposte arrivano al 10% per le seconde case, e al 3% (più circa 300 euro in quota fissa) per le prime case. E' ovvio che, qualora le rendite catastali dovessero essere aumentate per tener conto della realtà, si dovrebbero anche ridurre le aliquote. Però il gioco non è a somma zero, poiché porterebbe a una redistribuzione del peso fiscale – ad esempio, tra centri storici e periferie – più giusta e più aderente alla realtà. Oltre a cancellare le zone buie con i conseguenti pericoli di inquinamento à la Scajola.
Ovviamente, questa riforma non si fa. Prima era all'ordine del giorno di tutti i governi, adesso neanche più lo dicono. Stanno trasferendo il catasto ai comuni, ma senza aggiornarlo neanche un po'. Così come non si parla più di quelle altre questioni riguardanti fisco e casa (la cedolare secca sugli affitti, per far mettere un po' più di case sul mercato, qualcuno se la ricorda? Sparita). Troppo noiose, troppo faticose, troppo sconvenienti.
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