René Preval il presidente di Haiti afferma di aver ormai seppellito 170 mila dei suoi concittadini, travolti dal terremoto. Parla di migliaia di persone amputate, con gravi pericoli di infezioni e di altre decine di migliaia prive di acqua, cibo, cure, rifugi. Sui soccorsi, ringrazia la comunità internazionale, ma avrebbe auspicato un “maggior coordinamento per raggiungere i sopravvissuti”.
Una critica precisa e severa alla gestione dell’emergenza da parte delle truppe americane arriva poi da tre medici di New York che firmano un articolo sul Wall Street Journal, Wsj, ripubblicato dal giornale italiano MF: “Mercoledì, il giorno successivo al terremoto abbiamo organizzato una squadra di soccorso… per fornire assistenza chirurgica e ortopedica di emergenza. Volevamo raggiungere gli ospedali di Haiti immediatamente, ma l’esercito degli Stati uniti, che controllava l’aeroporto locale, ci permise di atterrare a Port-au-Prince solo sabato notte” (Soumitra Eachempati, Dean Lorich e David Helfet, in MF, “La disfatta di Bush fu a New Orleans, quella di Obama ad Haiti” che nell’originale americano del Wsj, 26 gennaio, è titolato più sobriamente “Haiti: Obama’s Katrina”). I tre medici raccontano del disastro in cui hanno operato, dell’assenza di ogni forma di organizzazione e del minimo indispensabile per curare e salvare vite, delle notti durante le quali in quattro chirurghi e tre ortopedici hanno eseguito cento operazioni, quando ne sarebbero servite almeno duecento. Infine raccontano della partenza: “ci ha sconvolto vedere, in aeroporto, interi depositi di medicine inutilizzate, cibo e altri tipi di forniture, circondate da centinaia di soldati, statunitensi e internazionali, che se ne stavano lì senza alcun motivo”.
Vi è stata all’inizio della settimana scorsa un’accesa polemica sulla qualità dell’intervento di emergenza che ha coinvolto perfino i governi di Stati Uniti e Italia. Intervistato ad Haiti dalla giornalista italiana Lucia Annunziata per il programma “Mezz’ora” di Rai 3, Guido Bertolaso, capo della Protezione civile e sottosegretario del governo Berlusconi, ha criticato l’esibizionismo e la militarizzazione dell’intervento statunitense, ricevendone forti rampogne dal segretario di stato Hillary Clinton che ha parlato di “Monday morning quarterbacking” tradotto sui giornali italiani con “chiacchiere da bar sport”. Il governo italiano – prima il ministro degli esteri Franco Frattini e poi lo stesso Silvio Berlusconi – si è sentito in dovere di sconfessare le parole di Bertolaso, poi convinto a scusarsi. Con molto carattere, Annunziata ha invece difeso il punto, soprattutto in un articolo comparso mercoledì 27 gennaio (L. A. “No, disastro nei soccorsi”, La Stampa) “E’ normale – ha chiesto – che quindici giorni dopo il sisma la principale piazza della città…. ospiti una massa di migliaia di persone senza tende e senza regolare distribuzione di acqua e cibo? Sono invenzioni di Bertolaso le critiche di Sarkozy…?” Quel Bertolaso che – è sempre Annunziata a scrivere – si sarebbe limitato a dire che “gli aiuti ci sono ma non arrivano alla popolazione in fretta come dovrebbero arrivare” e che “gli Americani hanno una grande struttura militare, che però non è adatta a gestire una emergenza post disastro”. Poi l’autrice fa cenno all’impegno di Bill Clinton ai tempi della sua presidenza nei confronti di Haiti “generosissimo, ma non necessariamente con successo”. Proprio quel Clinton, che incaricato dal presidente Barack Obama di occuparsi dell’emergenza post sisma, ad Haiti, “purtroppo è innegabile che ci sia andato una sola volta”. Per finire con un’ultima frecciata: “A proposito: Clinton è anche il marito di Hillary Clinton….. non credo di sbagliare se dico che se si fosse trattato di un caso italiano avremmo indicato in questo intreccio un conflitto di interessi”.
Non manca, tra i giornali, chi parla contro. Per esempio Marco Travaglio (il Fatto Quotidiano “Disguido Bertolaso”, 24 gennaio 2010) butta davvero il cuore oltre l’ostacolo. Tra le malefatte di Bertolaso ad Haiti ne elenca un certo numero. “Mancava solo un sapido accenno a quel selvaggio di Obama appena sceso dalla pianta. La performance bertolasa s’inserisce nella nobile tradizione del cumenda in vacanza all’estero, già immortalato da pellicole neorealiste quali ‘Natale a Miami’ in cui si vede il nostro connazionale…” e la digressione continua per svariate altre righe, attribuendo per contatto, sia pure mancato, a Bertolaso, anzi – massima spiritosità – a Disguido Bertolaso, tutte le ignominie del film panettone.
Il terremoto di Haiti è davvero il cataclisma più spaventoso del secolo e colpisce una popolazione già sottoposta a molte prove. Haiti è un luogo in cui vige la schiavitù, non solo sessuale, dei bambini, ceduti dalle famiglie come tutto fare in cambio di cibo e di una promessa di istruzione. Il paese è infatti molto povero e relativamente molto ricco; i quattro dollari pro capite son distribuiti nella popolazione con ingiustizia estrema. Inoltre, secondo stime Unesco il 54% degli adulti sono analfabeti. C’è poco da scherzare a proposito di Haiti e gli Stati uniti hanno gravi responsabilità, per quanto hanno fatto nel corso di due secoli e per quanto non hanno fatto; negli ultimi giorni avrebbero avuto una grande occasione per rendersi finalmente utili, di fronte al terremoto, ma a dire dei loro medici hanno svolto molto male il compito. Proprio come a New Orleans ai tempi di Katrina. C’era spreco e disorganizzazione, gestione burocratico-militare e disperante impossibilità di operare. La discussione è molto accesa negli Usa e certo il Wsj e il gruppo Fox-Murdoch di cui fa parte sono molto ostili all’amministrazione Obama. Hillary Clinton è di certo consapevole di questo, ma i repubblicani, di Washington e dintorni, possono dire la loro, gli europei no. In un’applicazione rafforzata della dottrina Monroe, (“l’America agli americani”) occorre che gli europei evitino di commentare quel che avviene nel Nuovo continente, Haiti compresa.
Infine Travaglio e il Fatto Quotidiano. Le spiritosaggini sono proprio disperanti e si può solo sperare che l’autore smetta di imitare Fortebraccio. Meglio sarebbe che si limitasse a fare il proprio mestiere, senza fronzoli. Un mestiere importante, quello di tenere desta la memoria dei fatti, trovando ampio consenso tra gli appassionati di giustizia, disposti o costretti a cercarla (e a trovare la verità) tra procure, manette, condanne. C’è poi un altro guaio: lasciandosi prendere nel vortice della passione predominante amico-nemico, un nemico di Berlusconi non può che esserlo di tutti i suoi amici, quindi di Bertolaso - al quale è stato appena promessa la promozione a ministro. Se non si fa così, si tradisce la causa. D’altro canto chi non irride a Bertolaso è un amico di Berlusconi, dunque un traditore. Quindi, qualsiasi cosa faccia o dica Bertolaso è sempre detestabile o ridicola, meglio se tutte due le cose insieme. Clinton, avversaria di Bertolaso, non può che avere ragione. E questo significa che ad Haiti tutto è in ordine, nel migliore dei mondi possibili.
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