Il Corriere, Sartori e il nucleare
L’energia è materia complicata, da perderci la testa. Per fortuna ogni tanto c’è qualcuno che ce la spiega, con parole semplici e appropriate e per un po’ di tempo tutto torna: le difficoltà si sciolgono come neve al sole. Occorre certo una grande mente per fare chiarezza; ma non mancano, per fortuna. A volte basta un articolo, poche frasi perfette e si fa luce, dove c’era buio e incertezza. Rimane ai lettori sorpresi ed estasiati una riflessione: Come mai non ci avevamo pensato?
Articoli così sono rari. Un’immeritata fortuna ci ha consentito di leggere sul Corriere della Sera l’editoriale di domenica 27 marzo firmato da Giovanni Sartori. Due sono le fonti per i bisogni di energia: il petrolio e il nucleare. Terremoto e maremoto del Giappone escludono d’altro canto che si possa fare il nucleare in zone sismiche. Questo significa che si può farlo, anzi si deve farlo in zone non troppo sismiche. Altrimenti c’è solo il petrolio che non basta più. A dire del petrolio ci vuole poco. Neppure l’America è autosufficiente quanto al petrolio e in quel continente il petroliere più forte è il Venezuela, “governato ‘a vita’ da un caudillo” e nemico dichiarato. Da questa parte dell’Atlantico, in Europa ce n’è poco, in Africa rimane l’inaffidabile Nigeria, con “i guerriglieri pirati che infestano il Delta del Niger e i musulmani scannano i cristiani” e poi la Libia in cui i proventi del petrolio servono a Gheddafi per pagare i mercenari che massacrano gli oppositori.
Il petrolio si trova ancora nei paesi arabi, dal destino incerto, in Russia e in Iran. “Per dovere d’inventario” va citato anche il metano che l’Italia riceve dalla Russia, dall’instabile Algeria e ormai non più dalla Libia. Dunque, fatti tutti i conti, non resta che una sola via: fare il nucleare; se è follia farne là dove la terra trema, è una “follia” anche non farlo “dove la terra non trema e uno tsunami non può arrivare”. In 25 anni “il fabbisogno energetico mondiale” crescerà del 60%. “Non sarà con il sole né con il vento che potremo colmare il vuoto energetico che si sta profilando”. E anche il sole, con tutte le mene del fotovoltaico, e il vento e le biomasse, sono sistemati.
Questa la lucida lezione di Sartori. Finora si riteneva che petrolio e nucleare servissero a scopi diversi. L’uno per far correre le automobili e fabbricare la plastica, l’altro per generare energia elettrica: erroneamente li credevamo incompatibili fra loro. Il fortunato quotidiano ci insegna che sono capziosità, inutili sottigliezze. L’impagabile accenno al metano “per dovere d’inventario” mostra che una grande mente tiene conto di tutto. A chi può servire il dettaglio che l’energia nel mondo ha tre fonti principali che contano per il 90% del totale o poco meno: petrolio, gas, carbone, rispettivamente 34,6; 24,4; 29,3; che ve ne sono due minori, nucleare con 5,5 e idro-geo 6,4 (2008, Data book 2010 dell’Unione petrolifera)? E l’altro dettaglio, del tutto infimo, che lascia intendere che nell’ultimo decennio, per meglio dire dal 2000, il petrolio è arretrato di 3,5 punti percentuali, il gas è avanzato di 0,5 punti, il carbone ha guadagnato 4 punti netti, l’idro-geo ha perso 0,2, mentre il nucleare ne ha persi 0,8, scendendo da un contributo del 6,3% al consumo energetico mondiale nel 2000 a quello del 5,5, generoso, ma a prima vista insufficiente?
In altre parole il nucleare oltre che poco rilevante risulterebbe anche in decrescita, se questa parola non è peccaminosa. Così almeno appare a persone grette innamorate dei numeri, incapaci di guardare lontano e dall’alto, dove volano le aquile.
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