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L'India dei miracoli e l'India dei miserabili: contro i due stereotipi, un libro scritto dalla "democrazia più complicata del mondo" a partire dalle persone, dalle loro azioni e dai loro diritti

Scrivere l’ennesimo libro sul continente indiano si può considerare ormai un atto di coraggio che rasenta l’incoscienza. Mariella Gramaglia con il suo volume “Indiana” (Donzelli Editore 2008), cade a mio avviso nella categoria degli autori coraggiosi.

L’impostazione del suo lavoro è palese sin dal primo capitolo, quando confronta in modo critico due saggi sull’India, che ne descrivono e ne prevedono realtà e futuro assolutamente opposti. Il suo coraggio consiste nel proporre ed utilizzare nel suo libro un metodo di analisi e di misura completamente diverso: quello dei diritti dei cittadini, tutti, ma specialmente di quelli più deboli, e delle donne, deboli fra i deboli.

In una situazione come quella indiana, divisa fra crescita vertiginosa del Pil, conflitti etnici e religiosi violentissimi, sovrapposizione di modernità ultraoccidentale e tradizioni secolari, conflitti di classe e strutture di casta, avere come metro di riferimento nelle proprie analisi i diritti delle persone, è un approccio non facile e soprattutto controcorrente, considerando che l’India è ormai quasi esclusivamente analizzata, insieme alla Cina, per le sue caratteristiche di “paese emergente”.

L’originalità dell’approccio è accentuata dal fatto che l’attenzione di Gramaglia è rivolta alle donne, alle loro condizioni economiche, sociali e umane. Intendiamoci: non si tratta di una ottica nuova, è quasi diventato un luogo comune sostenere che le prospettive di sviluppo non solo delle aree sottosviluppate, ma anche di quelle sviluppate, non possono prescindere da un miglioramento della condizione femminile. Ma quando dalle affermazioni di principio si passa all’analisi della realtà, ci si scontra immediatamente non solo con i problemi economici, sociali e culturali che ostacolano il miglioramento della condizione femminile, ma anche con le difficoltà di definizione teorico-concettuale di cosa siano i diritti, l’uguaglianza e la parità di genere. A ciò va aggiunto il problema, quasi sempre sottovalutato, dell’interagire con l’analisi delle percezioni soggettive delle donne che si incontrano e si “studiano” e del coinvolgimento soggettivo dello “studioso”, specialmente quando quest’ultimo è un occidentale.

Mariella Gramaglia è stata in India su incarico di “Progetto e sviluppo”, la Ong della Cgil che si occupa di cooperazione, il suo contatto indiano è la Sewa (Self Employed Women’s Association), un sindacato autonomo di donne. Nel libro sono descritte le caratteristiche e il ruolo che svolge la Sewa, caratteristiche che, come viene immediatamente rilevato dall’autrice, la definizione di “sindacato” (al quale l’associazione tiene molto) non solo non esprime in modo esaustivo, ma può essere addirittura fuorviante se lo paragoniamo al nostro concetto di sindacato. La lettura delle pagine del libro ci accompagna alla scoperta della Sewa attraverso gli incontri che l’autrice fa con le donne, donne con i loro problemi, le loro diversità, le loro contraddizioni, ma anche con quello che le accomuna e che la Gramaglia individua nel “loro appassionato desiderio di giustizia, mai esausto e lucente negli occhi”.

Come già ricordato, Gramaglia si presenta come incaricata della Ong di cooperazione allo sviluppo della Cgil: questo fa sorgere un altro problema, quello della cooperazione. Cooperazione: è solo un termine ipocrita per nascondere la parola “aiuti” (carità)? Oppure è possibile un rapporto paritetico di reciproco coinvolgimento nel perseguire un obiettivo comune? Tema affrontabile sia dal punto di vista concettuale, sia da quello personale del singolo cooperante. L’autrice guarda, ascolta, impara, ma appare consapevole che anche questo approccio umile e minimalista non è neutrale: infatti è inevitabile che si diano dei giudizi, che si interagisca, sia che si osservi con un “occhio da occidentale”, sia che ci si immedesimi e ci si coinvolga a livello personale.

Il libro "Indiana" è una finestra aperta su tutti questi temi, e ha il vantaggio di proporli e discuterli in una maniera semplice e avvincente, avvincente sia per il palese coinvolgimento emotivo dell’autrice, sia perché trasmesso principalmente attraverso racconti di vita delle donne.

Questa è la cosa più interessante del libro, che lo differenzia da altri testi sul tema dello sviluppo dei paesi poveri: le persone sono al centro dell’analisi, persone che comprendono anche l’autrice che, in quanto donna, in quanto occidentale, in quanto cooperatrice, non nasconde il suo coinvolgimento emotivo, le sue contraddizioni, i suoi dubbi.

Insomma, un libro da leggere.

Mariella Gramaglia, "Indiana. Nel cuore della democrazia più complicata del mondo", Donzelli 2008, 16 euro

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