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Volkswagen, così fan tutti

12/10/2015

Quel che di fatto si realizza, sul palcoscenico di Bruxelles, è una farsa con tre interpreti: l’automobilista, il governo europeo e una casa automobilistica. Un'indagine di Quattroruote mostra che a imbrogliare sulle emissioni non è solo Volkswagen

Che ne dite dei paradossi? Sugli imbrogli di Volkswagen (VW) suggerisce qualcosa un articolo comparso su Il Sole 24 Ore con la firma di Franco Debenedetti (2-10- 2015). “La ragione per cui VW ha truccato i controlli sull’inquinamento è dare ai suoi clienti la possibilità di inquinare di più. Un paradosso? Allora diciamolo in altro modo: il problema della VW non è fare dei motori che passino i test, ma che abbiano le prestazioni per passare il confronto con la concorrenza”. Non è banale la riflessione di De Benedetti, già alto dirigente nell’industria maggiore (Fiat, Olivetti) e poi senatore per tre legislature.

Se si guarda al paradosso, si può spacchettarne in tre voci il contenuto. Protagonista del caso è un cliente di automobili, autista navigato o futuro autista che sia. Egli richiede in primo luogo di conoscere “a quanto va” cioè la velocità del mezzo che medita di acquistare; poi “quanto costa” cioè il rapporto tra prezzo e assetto, voce quest’ultima che raccoglie affidabilità, sicurezza, semplicità di gestione, comodità, agilità, spazio interno, spese di acquisto, optional, deprezzamento, linea, colore, eleganza, novità elettroniche e di altro genere; e infine “quanto beve e quanto puzza” e cioè l’eventuale eccesso nei consumi e nelle emissioni. Prezzo e assetto, prezzo contro assetto è materia di concorrenza tra le case. Gli altri due punti – velocità contro consumi ed emissioni – non sono più soltanto un confronto tra le case, ma occasione di intervento di un altro protagonista regolatore, il potere pubblico.

Le emissioni oggetto di controllo pubblico sono relative alla CO2 e ai Nox: l’anidride carbonica, principale tra gli inquinanti considerati responsabili dell’effetto serra e gli ossidi di azoto, all’origine delle piogge acide. Di fatto si realizza, sul palcoscenico di Bruxelles, una farsa con tre interpreti: l’automobilista, il governo europeo e una casa automobilistica. I cultori della materia sanno che porre limiti alle emissioni di CO2 non è agire contro le case automobilistiche ma piuttosto in loro difesa, con largo uso di sollecitatori e lobbisti; alcune case principali, d’accordo fra loro, o con benigno consenso, hanno deciso di passare ai motori diesel, capaci di consumare di meno e di avere maggiori velocità a parità di costi e con (forse) minori emissioni di CO2. Bruxelles accompagna la scelta industriale.

In pochi anni metà delle vendite sul mercato europeo sono ormai diesel. La conquista del Mercato Americano si rivela molto contrastata, come mostra il caso Volkswagen. L’autorità ambientale americana interpreta la preferenza dell’industria locale – auto e petrolio – per i motori a benzina; così informa gli europei, Volkswagen in testa, che barare in tema di Nox e farlo volutamente, è proibito. D’altro canto ridurre l’emissione di Nox secondo gli standard Usa richiesti costerebbe troppo per le auto medie europee e giapponesi, dovendosi inserire un sistema di abbattimento degli ossidi di azoto delicato e dal costo di migliaia di dollari. In tal modo il motore diesel non sarebbe più competitivo dal punto di vista del prezzo e il Mercato Americano sarebbe perduto prima ancora di conquistarlo. Discutere però del cattivo imbroglio di VW ci porterebbe lontano e su una strada molto battuta nelle ultime settimane.

Conviene invece riflettere sull’altro punto, quello dell’inquinamento tradizionale o da CO2. Per riflettere ci serviremo di un testo specialistico, come fanno i bravi autori. Esiste in Italia – molti lo sanno – una bibbia per consumatori automobilistici, Quattroruote. un mensile che esce nell’Italia che conta il primo giorno di ogni mese e pertanto è “chiuso” e distribuito parecchi giorni prima. Poiché l’affaire Volkswagen era scoppiato nell’ultimo terzo del mese, a mensile stampato, gli editori della bibbia allegarono al fascicolo, con lodevole solerzia, un inserto volante di 16 pagine, titolato “Winterkorn Kaputt”. Martin Winterkorn era il capo operativo della società VW. Nell’inserto si cerca di spiegare tutto in tema di Nox, ma si pubblica anche una doppia pagina nella quale si raccolgono 160 modelli di automobili esaminati dettagliatamente da Quattroruote. Risulta che tutti i modelli mostrano gravi differenze tra quello che le case dichiarano alla clientela per quanto riguarda le emissioni di CO2 e quello che gli esami fatti dai ricercatori del mensile dimostrano. 17 modelli di case diverse differiscono del 60% e più ancora dai dati proposti; 3 di questi sono a benzina e gli altri diesel. In altre parole, tutti dichiarano un quantitativo di emissioni che nei fatti sono del 60% più elevate. Ne citeremo cinque, tutti diesel: un’Audi (VW) Q7TDI quattro, con uno scarto del 68% tra le emissioni di CO2, tra quella effettiva di 250 g/ch (grammi per chilometro) e i 149 dichiarati; una Bmw Efficient Dynamics con uno scarto del 65% (147 effettivi contro 89 dichiarati); una Citroen Cactus con uno scarto del 67% ( tra 150 e 90); una Renault Espace, con uno scarto del 65% (196 a 120); una Smart ForFour (Mercedes) con uno scarto del 61% (157 contro 97). Le altre case assistono, forse invidiano tanta disinvoltura, tanta capacità di controllo della clientela, tanta efficienza lobbistica.

L’industria automobilistica è un aspetto decisivo della società attuale. Basti pensare alla forma delle città nelle quali vive ormai la maggioranza degli umani e che tiene conto delle auto più che degli abitanti e delle loro necessità. Sappiamo – abbiamo visto un’ennesima prova – che l’industria automobilistica mente con la clientela e che le autorità glielo consentono, nel timore di conseguenze economiche e sociali indicibili. Soltanto l’industria automobilistica si comporta con tanta disinvoltura, oppure è l’industria maggiore, l’intero corpo delle multinazionali, dell’alimentare, dei farmaci, dell’energia che si comporta così? Questo è un tema sul quale riflettere, nell’attesa che Franco De Benedetti ci presti un altro dei suoi paradossi.

 

 

 

 

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