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Il ruolo di Pechino

17/04/2015

Rotta a oriente/Il Trattato trans-pacifico Tpp anticipa il Ttip Europa-Usa e porta i prezzi dei farmaci alle stelle. Mentre la Cina moltiplica gli investimenti nel vecchio continente, globalizza banche e assicurazioni, apre una nuova via della seta e punta sulla finanza

Si dice che il presidente della Cina e segretario del Partito comunista Xi Jinping, apprezzi un personaggio del celebre romanzo cinese, un classico del quindicesimo secolo, I briganti. Si tratta di Song Jiang, uno dei tanti fuorilegge che animano la storia, famoso per saper riunire attorno a sé persone capaci e in grado di sognare una vendetta esemplare. Xi Jinping, tra citazioni classiche e discorsi nazionalisti, ha portato sulla scena cinese il suo ruolo di primo tra i pari e di salvatore della nazione cinese. Prima ha messo da parte la collegialità del Partito, piazzando i suoi uomini chiave in team ad hoc per le riforme e la campagna anti corruzione, finendo per accentrare una mole di potere come non era mai successo neanche nell'epoca maoista. Poi ha avviato la sua idea di politica estera: il «sogno cinese» lanciato dal presidente non è altro che il compimento storico della Cina, tornare al centro del mondo. Per fare questo, Pechino ha proiettato il proprio futuro su due direttrici: il primo si è attestato sul ritorno ad esercitare un ruolo dominante nel Pacifico, contrastando la strategia di pivot to Asia degli Stati uniti. La seconda direttrice è quella degli investimenti all'estero, per consentire alle aziende cinesi di divenire player globali, investendo nella finanza e in asset strategici. Questa seconda opzione ha anche motivazioni «interne»: la Cina deve innovare, sviluppare il mercato interno e abbandonare nel tempo la dipendenza dalle esportazioni. L'idea è di sviluppare il Paese per arrivare al designed in China, vero punto di addio per il made in China. Si tratta di un passaggio fondamentale anche per l'idea cinese di soft power. Per quanto riguarda la prima questione Xi Jinping ha esercitato un ruolo di grande influenza negli ultimi incontri regionali, riuscendo a spostare l'asse della vicinanza economica verso di sé. Il progetto americano di accordo di libero scambio che esclude proprio la Cina, ha subito un piccolo rallentamento, unitamente al dispiegamento di forze cinesi nelle zone di mare conteso (come nel mar cinese del sud). Prima Xi Jinping ha deciso per una zona di identificazione aerea, poi ha finanziato ampiamente la propria marina (entro il 2020 il 60 per cento della marina militare americana sarà in quella zona) e ha spinto per la creazione di isole artificiali, eventi che hanno innervosito non poco i vicini. Per quanto riguarda invece il secondo punto, la Cina segue quanto richiesto dalla propria leadership. Poche settimane fa il Consiglio di Stato ha ribadito le linea principale: «uscire dal territorio nazionale». Si spiega così la nuova via della Seta marittima e la cintura della via della Seta: una strategia precisa fatta di investimenti e alleanze. E infine il colpo ad effetto: l'Aiib, la banca di investimenti asiatica a guida cinese, competitor di Fondo monetario a guida americana e dell'Asian Development Bank a guida giapponese. La corsa delle potenze economiche a diventare fondatori dell'Aiib ha dato un grande impatto all'iniziativa. L'ok a procedere da parte di Londra ha irritato Washington. Ma dopo la prima reazione rabbiosa, negli Usa e non solo, si è cominciato a discutere circa il segnale: questa corsa si rivela come un segno di potenza o di debolezza da parte di Pechino? La Gran Bretagna e gli altri paesi, infatti, si pongono come un potenziale problema o vantaggio per la Cina? Sono domande di cui si cercano le risposte anche nel partito comunista cinese, per cercare di capire quale sarà il ruolo di Pechino nel futuro mondo multipolare.

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