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Le nuove sfide del social forum

27/03/2015

Coalizioni sociali/A Tunisi 60 mila attivisti e 4.500 organizzazioni di fronte alla minaccia del terrorismo globale

Un forum, che era nato quindici anni fa con l'obiettivo di costitu­ire un'alternativa alla globaliz­zazione, si scontra oggi con un'altra sfi­da: il terrorismo globalizzato, quello che ha colpito anche la Tunisia. Quest'attacco ha fatto crescere la sensi­bilità sulla questione del terrorismo islamico che non risparmia nemmeno un paese che dopo una rivoluzione non violenta aveva intrapreso una tran­sizione alla democrazia senza imposi­zioni traumatiche e drammatiche. La Tunisia quindi rappresentava un luogo privilegiato per seguire quello che re­sta delle rivoluzioni o rivolte che han­no coinvolto il mondo arabo.

I 60.000 partecipanti al Forum non sembrano arrivati solo per seguire le centinaia di dibattiti organizzati dalle 4395 associazioni e organizzazioni pre­senti, ma anche per esprimere la pro­pria solidarietà con i democratici tuni­sini.

La ricchezza di questo appuntamen­to è rappresentata dalla pluralità di pre­senze, compresi spezzoni di movimen­ti - ecologista, pacifista, sindacalista, delle donne - che però difficilmente usciranno dal campus del Manar come un movimento unico forte da imporsi sulla scena mondiale. Questi protagoni­sti continueranno la loro attività, chi in un campo più strettamente politico, chi a livello di cooperazione e solidarie­tà, chi in campo economico o cultura­le. Del resto è difficile immaginare che da questo mondo eterogeneo possa nascere una piattaforma condivisa da por­tare avanti insieme. Le divisioni esisto­no - lo si è visto anche nella sessione di apertura delle donne - e non possono essere cancellate ma possono certa­mente coesistere. Esistono anche obiet­tivi condivisi, come sulla Palestina, per fare solo l'esempio più evidente e im­portante.

Però la strada per realizzare quell'al­tro mondo possibile - che è lo slogan del forum - all'insegna della dignità e dei diritti è ancora da individuare. Con la necessità di coinvolgere nuove gene­razioni - l'eterno problema - che a Tunisi sono presenti, come lo sono i vec­chi militanti, non solo europei e medi­terranei. Però forse oggi i giovani sono più attratti dal movimento Occupy, de­clinato a seconda delle occasioni, su singoli obiettivi. Obiettivi che rispondo­no all'esigenza di abbattere quelle bar­riere che ci dovrebbero permettere di costruire un mondo basato sulla giusti­zia sociale.

Anche a Tunisi peraltro i gruppi di la­voro sono prevalentemente su singoli problemi o obiettivi - a prevalere, an­che come partecipazione, sono le que­stioni sociali - e spesso manca una loro contestualizzazione in ambito se non mondiale almeno regionale. È come se si avvertisse un gap tra l'organizzazio­ne concreta di «piccole» battaglie e i «grandi» discorsi contro il capitalismo, l'imperialismo e il neoliberismo, che re­stano slogan. Si vuole cambiare il siste­ma ma non si dice come.

Se alle prime edizioni del Forum ave­vano partecipato - a volte provocando imbarazzo - politici di rilievo, qui man­ca la possibilità di confronto con chi ha responsabilità a livello politico o istitu­zionale. Del resto questo Forum non ha leader e quello che potrebbe essere un vantaggio per evitare personalismi, in al­cuni casi penalizza la visibilità e la possi­bilità di «identificarsi». In questo conte­sto - anche la rivoluzione tunisina e le ri­volte arabe non hanno avuto leader - viene da pensare quale effetto avrebbe provocato la presenza di Tsipras o di Iglesias. Da qui la Grecia appare lonta­na, più di quanto non sia fisicamente, a parte essere stata il tema di uno dei tan­ti dibattiti della prima giornata.

Mancano i politici - e questo forse è un bene - ma mancano anche esperti, intellettuali e leader di movimenti con cui confrontarsi. L'impressione è che sia venuto un po' meno il valore del gruppo di lavoro che permette l'appro­fondimento dei temi: non è questo il luogo dove si viene per prendere ap­punti sul taccuino, che ormai anche qui è sostituito dall'Ipad. Eppure sono arrivati anche gruppi di studenti uni­versitari, alcuni di loro arrivano da un'università per studi orientali di Lon­dra, in maggior parte sono ragazze e italiane!

Un Forum come questo serve soprat­tutto a incontrare persone che altri menti non si sarebbero mai incontrate, a scambiare indirizzi e costruire reti sperando che durino nel tempo. E che possano servire alle nuove generazio­ni. Anche il Forum sembra essere in una fase di transizione come quella che vive la Tunisia, con tutte le difficol­tà e le incertezze del domani.

Il fermo immagine è quello di una grande Fiera (nel senso buono del ter­mine) dove associazione e ong espon­gono i loro progetti e i risultati ottenuti. I più attivi sul piano politico sono i palestinesi e i sahrawi, ma domani sarà in scena la Siria e vedremo se si ripro­porranno gli scontri verificatisi nella scorsa edizione del Forum - con ban­diere date alle fiamme - tra i sostenitori di Assad e gli oppositori armati, anche se ora la situazione è estremamente più complicata con l'affermarsi sulla scena dell'Isis e il suo progetto di Calif­fato. La stessa sigla che ha rivendicato l'attentato al Bardo.

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