Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito
alter
capitali
italie
globi

La crisi non è finita, aspettate a brindare

09/07/2013

La politica di investimenti pubblici, promossa recentemente dalla Commissione europea, rischia di essere solo un annuncio: nessuno dei paesi in crisi, eccetto l'Italia, potrà beneficiarne

Solo una breve nota sulla dichiarazione della Commissione europea del 3 luglio, che annuncia che i paesi virtuosi potranno registrare dei disavanzi e attuare progetti di investimenti pubblici nel 2013 e nel 2014. A fronte di un eccessivo entusiasmo, il commissario Rehn ha subito posto questo nuovo approccio all’interno di limiti ben precisi, che vale la pena di riportare:

“La Commissione valuterà se consentire o meno deviazioni temporanee dal percorso di deficit strutturale verso l’obiettivo di medio termine (Mto), come fissato nelle raccomandazioni specifiche di ogni paese, oppure deviazioni dallo stesso obiettivo per gli stati membri che già lo hanno raggiunto, a condizione che:

1) La crescita economica degli stati membri rimanga negativa, o molto al di sotto del suo potenziale

2) La deviazione non porti al superamento del tetto del 3% del Pil, e che la norma sul debito pubblico sia rispettata

3) La deviazione sia collegata ad una spesa nazionale su progetti co-finanziati dall’Unione europea all’interno della politica strutturale e di coesione, del Network Trans-Europeo (Ten) e del meccanismo per collegare l’Europa (Cef), con un’incidenza sul bilancio che sia positiva, diretta e verificabile nel lungo termine

Tale applicazione delle disposizioni del Patto di stabilità e crescita, relative alle deviazioni temporanee dal Mto o relative all’adattamento del percorso verso questo obiettivo, è collegata all’attuale situazione economica caratterizzata da un ampio gap produttivo negativo. Quando queste condizioni temporanee non saranno più presenti, e quando lo Stato membro prevederà di tornare ad una crescita positiva, avvicinandosi così al suo potenziale di crescita, ogni deviazione – come quella sopra detta – dovrà essere compensata, in modo che il limite temporale del raggiungimento del Mto non sia infranto.”

Per una volta, la Commissione non è vaga riguardo a ciò che è e che non è permesso, con il risultato che questo annuncio si rivelerà essere niente di più che un’operazione ben concepita di pubbliche relazioni. Permettetemi di allegare dei numeri alla proposta della Commissione.

Quanto investimento pubblico in più sarà possibile grazie al ‘nuovo’ approccio?

Per rispondere a tale quesito, assumerò che tutti i 17 paesi dell’eurozona siano “ben al di sotto della loro crescita potenziale”. Inoltre, trascurerò il fatto che la loro spesa dev’essere effettuata in progetti co-finanziati dalla Commissione (ciò significa che i soldi con molta probabilità non verranno spesi immediatamente). Infine, e questo è il presupposto più coraggioso, assumerò che le stime della Commissione sul Pil e sul deficit per i prossimi due anni siano corrette. Molto probabilmente, dato che le previsioni che ho seguito sono troppo ottimistiche e che adotto l’ottica più favorevole, il calcolo di seguito riportato dev’essere considerato come il tetto massimo possibile di spesa e le risorse disponibili si riveleranno molto minori.

Ecco il risultato dei calcoli. Le prime due colonne forniscono la distanza dal tetto del 3%, e le ultime due forniscono l’ammontare equivalente in miliardi di euro.

 

La tabella è di per sé esplicativa, e necessita solo qualche commento.

  • Dei 17 paesi dell’eurozona, solo 6 (!) prevedono di avere un deficit minore del 3% nel 2013 e nel 2014. Il totale spendibile (sotto le più rosee aspettative, ricordiamolo), ammonta intorno all’1% del PIL (poco meno nel 2013, poco più nel 2014).
  • In più, il solo paese con un margine di manovra significativo è la Germania, che probabilmente non ne usufruirà. Con l’eccezione dell’Italia, nessuno dei paesi nei guai potrà beneficiare della “nuova visione politica”. Inoltre, l’Italia è uno dei due o tre paesi per i quali le previsioni della Commissione saranno senza dubbio riviste al ribasso, così da far svanire il loro margine di investimento.
  • Le risorse disponibili sono scarse, visto che è poco probabile che la Germania utilizzi il margine di manovra fiscale di cui dispone. Senza la Germania, il totale di risorse disponibili come percentuale del Pil sarebbe di 0,126% e di 0,29%, rispettivamente nel 2013 e nel 2014. Auguro buona fortuna per portare l’economia dell’eurozona fuori dalla recessione con tali cifre… E tutto ciò, nello scenario migliore.

    Ancora una volta, in conclusione, molto rumore per nulla. Un annuncio che porterà a niente più di qualche titolo sui giornali per un paio di giorni. L’unica utilità è che la tabella mi ha permesso di mostrare, ancora una volta, che senza un cambiamento radicale della visione fiscale della Germania, l’eurozona rimarrà bloccata negli anni a venire in una crescita bassa, se non negativa.

Articolo tratto dal blog fsaraceno.wordpress.com

Traduzione dall'inglese di Alessandro Castiello D’Antonio

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

eZ Publish™ copyright © 1999-2015 eZ Systems AS