Nel documento finale nessun impegno concreto e molte belle parole. Come quelle del ministro italiano che, mentre a Rio dichiara lo sua fiducia nella green economy, in patria, assieme al resto del Governo, con i decreti sviluppo e quelli su fotovoltaico e altre elettriche, infligge colpi mortali a rinnovabili ed efficienza favorendo invece i petrolieri.
Eravamo stati facili profeti: nessuna sorpresa nelle ultime ore. Rio+20 si è concluso come era cominciato, con molte belle parole, anche importanti - la green economy equa e solidale - nel documento finale, ma nessun impegno concreto. Il ministro Clini, sia nel suo discorso in plenaria che negli interventi meno formali, ha insistito molto sugli aspetti positivi legati all'affermazione di principi da cui sarà difficile tornare indietro e ai numerosi accordi tra pubblico e privato, soprattutto in Paesi emergenti e importanti come il Brasile e la Cina, di cui l'Italia è e potrà essere protagonista.
A nostro avviso il Ministro pecca di eccessivo ottimismo: senza adeguate leadership politiche, la strada della green economy rischia di restare lastricata solo di buone intenzioni. E d'altra parte è proprio la storia del nostro Paese che dovrebbe essere istruttiva. Mentre Clini era qui a Rio, impegnato nelle trattative internazionali a difendere le ragioni della green economy, il suo collega Passera proponeva un decreto legge in cui insultava letteralmente le possibilità di efficienza energetica in edilizia con una riforma inguardabile degli incentivi a essa connessa.