Alla fine del 2011 una nuova riforma pensionistica ha avuto luogo in Italia, come primo atto del governo Monti. Essa prevede una drastica stretta sui requisiti per il pensionamento, con l’obiettivo di contribuire in maniera significativa al risanamento del bilancio pubblico.
Alcuni aspetti della riforma, che è stata realizzata con procedura d’urgenza in una fase di acuta crisi finanziaria, evidenziano però la necessità di ulteriori interventi, che assicurino la compatibilità col contesto macroeconomico e rendano coerente il disegno complessivo del sistema pensionistico. Qui sviluppiamo alcune considerazioni in merito alla risposta di produttività e occupazione totale al prolungamento della vita lavorativa, ad alcuni meccanismi di incentivo e ad alcuni aspetti distributivi. Esse si basano su risultati ottenuti col modello di microsimulazione dinamico CAPP_DYN (www.capp.unimore.it) e sono di carattere strettamente personale.
La riforma Monti-Fornero (d’ora in poi MF) introduce una serie di importanti modifiche all’assetto normativo del sistema pensionistico italiano. In estrema sintesi, essa prevede: a) l’innalzamento e la progressiva omogeneizzazione dell’età di pensionamento per vecchiaia, che dal 2018 sarà uguale per tutti i lavoratori e pari a 66 anni e 7 mesi (allo stesso valore viene anche portato il requisito di età per l’assegno sociale); b) l’abolizione delle pensioni di anzianità, sostituite da una pensione anticipata, cui è possibile accedere dal 2012 solo al raggiungimento di un’anzianità contributiva di 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e un mese per le donne (requisiti ulteriormente aumentati nel 2013 e 2014), con penalizzazione in caso di pensionamento prima dei 62 anni; c) l’applicazione della regola contributiva, sia pur pro-rata, a partire dalle anzianità maturate dal 2012, anche ai lavoratori che nel 1995 avevano raggiunto i 18 anni di contribuzione ed avevano, perciò, mantenuto il regime retributivo di calcolo della pensione; d) l’aumento, da 5 a 20 anni, del requisito contributivo minimo per la maturazione del diritto alla pensione nel sistema contributivo e la previsione che, al momento del pensionamento, il trattamento maturato debba essere pari ad almeno 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale, in mancanza di uno dei due requisiti il lavoratore dovendo rimanere in servizio fino a 70 anni; e) la possibilità, solo per i lavoratori interamente assoggettati al regime contributivo, di accedere al pensionamento anticipato a 63 anni, a condizione che l’importo del trattamento pensionistico maturato sia pari ad almeno 2.8 volte l’assegno sociale; f) l’adeguamento automatico, con cadenza biennale, di tutti i parametri di età e contribuzione alle variazioni della speranza di vita.
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