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Berlino guarda a est, Washington si allontana

21/07/2011

BRIC/La diplomazia tedesca è guidata dal commercio estero. Le alleanze internazionali, mirate prima a Europa occidentale e Usa, si dirigono verso mercati orientali più promettenti

Premessa

Da qualche tempo gli Stati uniti e l’Europa attraversano un periodo di difficoltà economiche che temiamo possa durare ancora a lungo.
Peraltro, i singoli paesi europei mostrano risultati economici tra loro abbastanza differenziati; spiccano, tra gli altri, in positivo, tra i paesi più importanti, i dati della Polonia e della Germania, che sembrano risentire molto meno della crisi degli altri stati del continente.
In particolare, il caso tedesco appare interessante e per diversi aspetti anche molto complesso da decifrare, per quanto riguarda, da una parte, l’evoluzione presumibile dei rapporti economici e politici con il resto dell’Europa – con la questione immediata della crisi dell’euro – e con gli Stati uniti, dall’altra quelli con le nazioni emergenti. La questione delle relazioni con i paesi ricchi appare del resto strettamente connessa con quella relativa all’altra metà del mondo.
Molti dei paesi appartenenti a questa seconda categoria, a cominciare da quelli compresi nella sigla Bric, continuano a mostrare una crescita economica molto rilevante, anche se in questo momento non mancano per molti aspetti delle preoccupazioni, non è chiaro quanto fondate, in relazione alle loro prospettive di sviluppo ulteriore. In ogni caso, come è ampiamente noto, la crescita economica di tali paesi sta trasformando velocemente gli equilibri economici, sociali, politici del mondo.

La situazione e le prospettive della Germania

Dopo la seconda guerra mondiale, e per un lungo periodo, per ragioni molto comprensibili sia di realpolitik che da collegare al grave senso di colpa per le tragedie da esso inflitte al mondo, il paese ha aderito strettamente e con umiltà da una parte a una politica di alleanza con gli Stati uniti, dall’altra al progetto di costruzione europea. Esso è sembrato anzi presentarsi nel tempo come il membro più fedele e convinto sia dell’organizzazione atlantica che della Comunità europea.
Le cose sono cominciate però a cambiare dapprima con il crollo del comunismo nell’Europa orientale e la repentina unificazione dello stato tedesco, successivamente e, ancora di più, dopo la sostanziale, anche se incompleta e difficile, assimilazione della parte est del paese. Il movimento sembra ora accentuarsi con gli sviluppi economici recenti a livello europeo e globale.
Di fatto, Berlino sembra stia lentamente allentando la doppia ancora dell’europeismo e dell’atlantismo (Stephens, 2011). Dal momento che il potere mondiale sta spostandosi velocemente verso Oriente, anche le opportunità di sviluppo dell’economia tedesca e, più in generale, i suoi interessi complessivi sembrano andare nello stesso senso.
La crisi dell’euro rivela ora certamente, in particolare, una Germania diversa da quella che abbiamo conosciuto nei decenni precedenti.
Il suo atteggiamento dilatorio e perlomeno irragionevole nel caso della crisi greca, mentre sembra rispondere a un sentimento diffuso nell’opinione pubblica tedesca, che appare molto riluttante a correre in soccorso di paesi ritenuti scialacquatori e a fare dell’Unione europea un meccanismo di “redistribuzione” della ricchezza, sembra peraltro in apparente contraddizione di fondo con i suoi interessi attuali. Metà circa delle esportazioni tedesche si dirige in effetti verso i paesi dell’Europa e l’imposizione di una politica di stretta austerità e di dure restrizioni di bilancio ai paesi deboli, ma anche a quelli con meno problemi, mette certamente in difficoltà, in prospettiva, la possibilità di continuare a invadere i mercati europei con le sue merci.
Ma tale atteggiamento intransigente ha fatto anche ritenere, non senza fondamento, che il paese stia pensando a una politica di ricambio. In ogni caso, a Bruxelles sono in molti a valutare che la Germania stia ormai seguendo strettamente il proprio interesse nazionale a spese della solidarietà europea, ciò che era certamente impensabile anche soltanto dieci anni fa.
Bisogna in ogni caso considerare che le strategie di crescita del paese sono centrate verso l’espansione esterna, trascurando quasi del tutto il possibile sviluppo del mercato interno.

I rapporti con la Russia

Il primo importante aspetto dell’irrequietezza tedesca si è manifestato nel tempo con il forte sviluppo dei rapporti economici del paese con la Russia. Già da diversi anni, in effetti, la Germania sta portando avanti una politica di più stretti legami con tale paese, spinta dalla prossimità geografica e dalle potenziali opportunità di sviluppo; contemporaneamente sta stringendo anche in maniera evidente i legami con i paesi dell’Europa dell’Est, che tendono a diventare ormai il suo cortile di casa, almeno sul fronte economico.
Il punto di attacco fondamentale di tale mutamento parte, qualche anno fa, da alcuni grandi accordi sul fronte dell’energia.
Bisogna considerare che il 40% circa delle forniture di gas del paese viene proprio dalle fonti russe. Gli accordi comprendono il varo del nuovo grande gasdotto che dovrebbe portare il gas russo in Germania via mare, scavalcando la rotta terrestre che implicava problemi complessi con paesi quali l’Ucraina o la Polonia, sino a una larga intesa tra le imprese dei due stati per lo sviluppo in comune di progetti e di tecnologie nel campo dell’energia nucleare, a scapito anche, per quanto riguarda i tedeschi, dall’alleanza con i francesi.
Peraltro, la carta russa ha portato sino a oggi risultati inferiori alle attese. Certo gli scambi sono aumentati in misura rilevante; 6.000 imprese tedesche sono attualmente insediate nel paese, gli investimenti diretti sono cresciuti, ma il peso economico complessivo dei rapporti tra i due giganti, senza essere trascurabile, non appare tale da procurare una spinta strutturale adeguata all’economia tedesca.
Il punto di base è che, al di là del settore energetico, in questi anni la Russia non è riuscita a mettere in campo un settore industriale e dei servizi a dei livelli che pure erano potenzialmente prevedibili. L’economia del paese appare poi in preda alla corruzione, alla burocrazia, alle lotte tra i clan.
Alcuni problemi specifici sono nel frattempo apparsi all’orizzonte; la joint venture tra le imprese dei due paesi nel settore nucleare, anche in relazione alle attuali difficoltà del settore, ha registrato un sostanziale fallimento, anche se ora si profila un altro accordo tra la Gazprom e la Rwe tedesca, accordo che dovrebbe permettere di costruire e gestire insieme centrali a gas e a carbone in diversi paesi europei. Inoltre, certe restrizioni russe per quanto riguarda i visti e alcune regole relative agli insediamenti industriali nel paese sono aspramente contestate dagli operatori economici tedeschi.
Un recentissimo incontro ad Hannover tra la Merkel e Medvediev ha portato alla firma di decine di accordi economici tra i due paesi; la cooperazione va certamente avanti, ma ci vuole ben altro per la Germania per assicurarsi gli sbocchi di cui essa sembra aver bisogno.

e quelli con la Cina

Il citato vertice russo-tedesco si è svolto nel mese di luglio, ma l’ultimo incontro cino-tedesco aveva già avuto luogo alla fine di giugno. Sono stati firmati anche in questo caso decine di accordi di cooperazione in vari settori.
Come vanno, in generale, i rapporti economici tra i due paesi?
Gli scambi commerciali sono in forte crescita; essi hanno raggiunto i 142 miliardi di dollari nel 2010, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente e nel 2011 essi dovrebbero svilupparsi ancora in misura rilevante.
La crescita economica tedesca per il 2010 e in prospettiva anche per il 2011 – anno in cui l’aumento del pil si dovrebbe collocare tra il 3% e il 4% –, è dovuta per una parte importante proprio alla forte domanda cinese (Lemaitre, 2011), in particolare, ma non solo, nei settori dei macchinari avanzati e delle auto di lusso. Si vanno ora sviluppando intese, tra l’altro, per la cooperazione nei settori dell’energia e dell’ambiente.
I cinesi sono partiti anche all’acquisto di molte imprese tedesche tanto che qualcuno sta parlando di una possibile invasione.
In complesso, la Germania si aspetta probabilmente dallo sviluppo dei rapporti con la Cina risultati molto più consistenti di quelli ottenuti con la Russia. La dimensione e il dinamismo dell’economia cinese, il cui pil cresce al ritmo medio del 10% da 32 anni, appaiono ben più rilevanti che nel caso di quella russa e le economie dei due paesi appaiono per molti aspetti complementari.
Sono gli Stati uniti a mostrarsi abbastanza allarmati per gli sviluppi dei rapporti cino-tedeschi. Essi temono che tali accordi possano alla fine portare la Germania ad allontanarsi dall’Occidente (Wolverson, 2011).
Si scrutano così con apprensione le singole mosse tedesche. Il paese, insieme a Russia, Cina, India, Brasile, si è astenuto all’Onu sull’intervento in Libia. Di recente, nel corso della crisi, gli Stati uniti hanno chiesto invano alla Germania e alla Cina di frenare le loro esportazioni, anche attraverso una rivalutazione delle rispettive monete e di sviluppare invece i loro mercati interni, aumentando i salari e riducendo la pressione fiscale. Ma si è visto come la Germania si sia allineata con la Cina nel sostenere che il problema stia semmai nell’elevato indebitamento e nella troppo alta spesa pubblica statunitense, più che nella politica cinese dei cambi o nella stessa spinta tedesca sul fronte dell’export (Wolverson, 2011). Si teme, d’altro canto, che più i due paesi sviluppano i rapporti tra di loro, meno hanno alla fine bisogno dei mercati di consumo occidentali. Le divisioni tra Stati uniti e Germania sono apparse nette anche in tema di energia nucleare dopo i casi di Fukushima.

Conclusioni

Le necessità dello sviluppo ulteriore della loro economia, la caduta delle barriere politiche e delle contrapposizioni ideologiche del periodo della guerra fredda, la crisi economica dell’Occidente, della quale non si intravede uno sbocco sicuro, le difficoltà anche politiche degli Stati uniti, il forte e parallelo sviluppo dei paesi del Bric, con in testa la Cina, gli stessi problemi dell’Europa, stanno indubbiamente spingendo la Germania a cercare di cambiare i propri orizzonti. Quanto questo possa significare a termine l’allentamento effettivo dell’interesse atlantico ed europeo e portare invece a una politica di stretta alleanza con paesi quali la Cina e la Russia solo il tempo sarà in grado di dire in modo chiaro; ma ci sono molti sintomi di un rilevante cambiamento di rotta.
Da qualche tempo la ruota della storia sembra essersi messa a girare più rapidamente del solito.

Testi citati nell’articolo

Lemaitre F., Wen Jaobao scelle à Berlin un “nouveau depart” entre la Chine et l’Allemagne, Le monde, 29 giugno 2011
Stephens P., Why Berlin is resetting its compass, www.ft.com, 9 giugno 2011
Wolverson R., Will the Germany-China ties hurt the U.S.?, www.time.com, 29 giugno 2011

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