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I paesi del Bric: similitudini e differenze

20/06/2011

Bric è la sigla che riunisce quattro grandi Paesi – Brasile Russia India Cina – sfuggiti al controllo delle potenze economicamente dominanti e che per di più usano incontrarsi per rendere autonome e alternative le proprie politiche e cambiare l'assetto del Pianeta

Premessa

I quattro paesi che sono stati a suo tempo inseriti nel raggruppamento dei Bric, cioè Cina, India, Brasile e Russia, non appaiono certo molto omogenei tra di loro né sul fronte economico né su quello sociale e politico. Ci si può chiedere quindi che cosa essi abbiano veramente in comune e in che cosa siano invece differenti.

Nel testo esamineremo dapprima alcune delle caratteristiche, in positivo e in negativo, che li rendono relativamente vicini e successivamente di quelle che li fanno invece diversi o anche molto diversi.

Alcuni caratteri comuni

Si tratta in tutti i quattro casi di grandi paesi da un punto di vista di estensione territoriale, inoltre con una popolazione importante – ma si va dai 140 milioni di abitanti della Russia ai 1.360 della Cina, circa dieci volte tanto –, che si trovavano in una situazione economica molto arretrata sino a qualche decennio fa – la Russia peraltro meno che gli altri –, ma che registrano da qualche tempo alti, anche se differenziati, ritmi di sviluppo economico e presentano prospettive di crescita ancora molto rilevanti, date anche le loro grandi potenzialità. Si tratta in tutti i casi di paesi destinati plausibilmente a pesare sempre di più sui destini del mondo.

Sono state sostanzialmente constatazioni di questo tipo che hanno spinto nel 2001 Jim O’Neill, della Goldman Sachs, a mettere insieme concettualmente le quattro economie inventando l’espressione BRIC, che avrà poi tanto successo.

Sono tutte nazioni caratterizzate inoltre da un notevole livello di intervento dello stato nell’economia. Anche se nel caso della Cina e dell’India esso si è ridotto in misura rilevante nell’ultimo periodo, vi rimane comunque forte, mentre in Russia abbiamo assistito prima a un drammatico declino della sua influenza, dopo la caduta del comunismo, poi a un suo ripristino sia pure parziale, in particolare nell’ultimo decennio. Anche le prospettive più recenti del Brasile sembrano andare nella direzione di un accrescimento del peso dell’operatore pubblico, a partire dal secondo governo Lula e seguendo una linea che sembra dover essere ora continuata dalla Rousseff.

Su di un fronte meno positivo, ricordiamo che tutti i paesi citati sono caratterizzati da un rilevante livello di corruzione, anche se con qualche differenza tra di loro – il fenomeno appare probabilmente più accentuato in Russia e in India, ma non sembra lieve neanche in Brasile e sostanzialmente anche in Cina, paese quest’ultimo dove peraltro essa sembra maggiormente sotto controllo da parte delle autorità.

Li accomuna anche, in questo momento, un elevato livello di inflazione. Anche se i quattro paesi vengono da esperienze diverse su tale fronte – il Brasile e la Russia hanno sperimentato negli scorsi decenni momenti in cui il livello dei prezzi aumentava di anno in anno a ritmi spaventosi, quasi da Repubblica di Weimar, mentre Cina e India presentavano comunque minori problemi e preoccupazioni –, oggi la questione dell’inflazione li vede tutti posti davanti a problemi abbastanza seri e di fronte a scelte indubbiamente difficili.

Così le previsioni più recenti sul livello dei prezzi al consumo per il 2011 parlano di un 9,3% per la Russia, di un 7,5% per l’India, di un 6,3% per il Brasile, di un 5,0% infine per la Cina (Wagstyl, Wheatley, 2011). Si tratta di livelli superiori in misura rilevante a quelli dei paesi avanzati.

Naturalmente tale fenomeno negativo va posto anche in relazione all’elevato livello di crescita dell’economia, che funge così come una specie di contrappeso a tale andamento non favorevole. Non appare chiaro, in questo momento, quanto il fenomeno di un’elevata crescita dei prezzi abbia comunque un carattere congiunturale o invece strutturale. Esso sembra connesso, peraltro, non soltanto all’aumento dei prezzi dei generi alimentari, dell’energia e delle materie prime, aumento generato, oltre che da movimenti speculativi, anche dalla stessa crescita della domanda per tali prodotti da parte proprio dei paesi del Bric, ma anche da colli di bottiglia presenti nelle infrastrutture di tali paesi, esclusa la Cina, dagli alti livelli di liquidità registrabili su tali mercati, dalle carenze di manodopera ad alta qualificazione, ecc. (Wagstyl, Wheatley, 2011).

Gli elevati livelli di inflazione rischiano, tra l’altro, di portare a un rallentamento nei tassi di crescita delle quattro economie, oltre che ad agitazioni sociali importanti, particolarmente temute in Cina per i suoi riflessi politici.

Un’altra caratteristica non esaltante che accomuna tali stati riguarda un forte livello di diseguaglianze tra i vari strati della popolazione. Esse raggiungono il loro livello massimo in Brasile – dove sono endemiche, mentre le politiche di Lula sono riuscite a ridurre il fenomeno in misura soltanto limitata –, ma sono molto rilevanti anche in India, in Cina e in Russia –, con questi due ultimi paesi che venivano invece, sotto i tradizionali regimi comunisti, da un’esperienza di sostanziale egualitarismo. Sono evidenti poi in tutti e quattro i casi anche le forti disuguaglianze a livello delle diverse regioni; nel caso della Cina e dell’India le differenziazioni sono prevalentemente quelle tra le aree costiere e quelle più interne, nel caso della Russia è più evidente la differenza tra città e campagne e nel caso del Brasile quella tra il nord povero e il sud sviluppato. Assistiamo comunque negli ultimi anni a un certo mutamento della scena, in particolare in Cina e in Brasile.

Anche se fra i quattro paesi non mancano delle tensioni politiche – più forti ed evidenti nel caso dei rapporti Cina/India, più latenti in quelli Cina/Russia – essi si presentano comunque da qualche tempo sulla scena internazionale come un gruppo abbastanza compatto. Così hanno preso l’abitudine di riunirsi insieme periodicamente e comunque, in occasione di alcuni rilevanti problemi internazionali, hanno resa nota una posizione pubblica comune, come anche recentemente per quanto riguarda la nomina del nuovo direttore del Fondo monetario internazionale e anche il dibattito all’ultima Conferenza internazionale del lavoro tenutasi a Ginevra (Barroux, 2011). I quattro paesi mostrano poi da tempo pubblicamente una comune preoccupazione rispetto al crescente protezionismo delle economie occidentali.

Da sottolineare ancora come il nuovo presidente del Brasile, Dilma Rousseff, dopo la sua recente investitura, abbia intrapreso il primo viaggio all’estero in Cina e non negli Stati Uniti.

D’altro canto, sul tema delle negoziazioni in corso sui mutamenti climatici, gli interessi della Russia non sembrano allineati con quelli di Cina, India e Brasile (Soulé-Kohndou, 2011).

Più in generale, mentre i rapporti con i paesi occidentali sono sostanzialmente corretti e amichevoli in tutti e quattro i casi, nella sostanza non mancano degli elementi di differenziazione, con l’India e la sua classe dirigente che sembrano in particolare intrattenere delle relazioni più cordiali con il mondo ricco e gli altri paesi collocarsi in una situazione di maggiore riserbo e comunque con dei rilevanti punti potenziali di conflitto sia sul fronte economico che su quello politico.

Sul piano economico, si assiste a un grandioso processo di crescita dei legami tra tali paesi e più in generale tra le aree del Sud del mondo, processo evidente in particolare per quanto riguarda gli scambi commerciali e gli investimenti, in particolare, ma non solo, nel settore delle materie prime, delle risorse energetiche, delle infrastrutture.

Alcune differenze di peso

Su molti temi comunque le differenze sono molto evidenti. Così, per quanto riguarda il regime politico, ci troviamo di fronte, da una parte, a due democrazie – nel caso dell’India, che ama ricordare di essere la più grande democrazia del mondo e del Brasile, che pure viene da una relativamente recente e pesante esperienza di dittatura militare – e a due paesi – Cina e Russia – a regime autoritario, sia pure con diverse sfumature.

Una divisione netta – due a due – la ritroviamo anche sul terreno economico a livello della disponibilità di materie prime, con la Russia e il Brasile tra i principali paesi fornitori del mondo e Cina e India invece tra i principali consumatori, ciò che tende comunque a renderli complementari.

Ancora una distinzione due a due riguarda i diversi tassi di sviluppo del pil, con la Cina e l’India che sembrano viaggiare abbastanza più speditamente di Brasile e Russia, che presentano pure delle più grandi oscillazioni nei loro tassi di crescita.

Anche la dinamica della popolazione appare molto diversa da paese a paese, con la Russia che sta registrando da tempo il fenomeno della riduzione nel numero degli abitanti, con un trend che sembra persino più accentuato di quello del Giappone, la Cina in forte rallentamento nei suoi tassi di natalità, mentre l’India e il Brasile appaiono ancora caratterizzati da una dinamica di crescita rilevante, tanto che, ad esempio, le previsioni sono per un sorpasso come numero degli abitanti della stessa India sulla Cina entro qualche decennio, anche se si intravede sullo sfondo per la stessa India e il Brasile un rallentamento di tale dinamica.

Importanti le differenze anche sul terreno del modello economico; al di là della già citata forte presenza dello stato, ci troviamo di fronte a sistemi con caratteristiche molto particolari. Intanto quella cinese è complessivamente più grande, in termini di pil, delle altre tre messe insieme, mentre a livello di pil pro-capite, la Russia sopravanza gli altri paesi e a sua volta la Cina supera nettamente l’India.

Poi la stessa Cina, sebbene stia comunque andando rapidamente su tutti i fronti, è soprattutto nota per la sua industria ultra competitiva, l’India vince invece sul fronte di molti servizi avanzati nel campo dell’information technology, il Brasile è parecchio avanti sul terreno agricolo e agro-industriale, mentre la Russia, infine, è essenzialmente un esportatore di petrolio, gas e minerali (Beattie, 2010).

Anche il grado di apertura delle rispettive economie appare abbastanza diversificato, con l’India in particolare la più insulare di tutte, mentre la Russia, che è l’unica a non far parte dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto), presenta comunque un’apertura molto rilevante su diversi fronti. Se facciamo riferimento al peso del commercio estero sul pil, tale indice era nel 2006, prima dello scoppio della crisi, del 67% per la Cina mentre era soltanto del 32% per l’India (Wolf, 2010). Anche la dimensione degli investimenti esteri in entrata e di quelli in uscita si mostra abbastanza differenziato nei vari casi.

Sul fronte degli indicatori sociali, dai livelli di istruzione della popolazione ai tassi di mortalità infantile, alla dotazione di strutture sanitarie e di provvidenze pensionistiche, registriamo di nuovo delle grandi differenze, con la Cina e la Russia che sembrano uscirne complessivamente abbastanza meglio di India e Brasile, sia pure con dei rilevanti problemi su alcuni fronti anche nel loro caso e comunque con una situazione in rilevante movimento positivo nell’ultimo periodo in tutti i quattro paesi, anche se forse in India meno che negli altri.

Conclusioni

Si potrebbe continuare a lungo con l’elenco, ma sembra sufficiente fermarsi a questo punto, pensando di aver dato un’idea abbastanza approssimata della situazione. In particolare, dall’analisi sembra venir confermato il fatto che, alla fine, i fattori di differenziazione tra i quattro paesi e, nel caso invece dei fattori comuni elencati, la prevalenza di quelli a carattere negativo, appaiano più importanti rispetto a quelli di uniformità di tipo positivo.

Ci sembra anche plausibile che nel tempo, con una dinamica della crescita probabilmente ancora non uniforme nei prossimi anni tra i quattro paesi e con il manifestarsi di una maggiore articolazione delle rispettive economie, i fattori di divaricazione possano diventare ulteriormente importanti.

Testi citati nell’articolo

Barroux R., Les émergents ne veulent pas de modèle social unique, Le monde, 17 giugno 2011

Beattie A., The changing faces of global power, www.ft.com, 17 gennaio 2010

Soulé-Kohndou F., IBSA, BRICS: l’integration des pays émergents par les clubs?, www.lemonde.fr, 24 maggio 2011

Wagstyl S., Wheatley J., A high price to pay, Financial Times, 31 maggio 2011

Wolf M., Sexy term that helps to focus attention, www.ft.com, 18 gennaio 2010

 

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