Il sistema elettrico italiano non ha bisogno del nucleare: anche se non si migliorasse l’efficienza energetica, dopo questa crisi economica non c’è spazio fino al 2030 per l’elettricità delle centrali atomiche. Per soddisfare il fabbisogno elettrico bastano le centrali termoelettriche già in costruzione o approvate e le fonti rinnovabili, che al 2030 potranno dare dal 39 al 45% dell’elettricità italiana. È quanto emerge da "Scenari elettrici post crisi al 2020 e 2030", rapporto della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (vedi allegato)
Due gli scenari dipinti dallo studio: in uno lo “scenario blu” si presuppone un miglioramento dell’efficienza elettrica, nell’altro, lo “scenario grigio” si ipotizza che l’efficienza (al contrario di quanto sta avvenendo) peggiori. In entrambi i casi si prevede un forte aumento delle fonti rinnovabili che, mantenendo il trend di crescita in atto, raggiungerebbero nel 2020 la produzione di circa 107 miliardi di chilowattora e potrebbero poi superare 165 TWh nel 2030: 39% del totale per lo scenario blu e 45% per quello grigio.
Nello scenario blu, che il rapporto reputa “il più probabile”, considerate le tendenze già avviate prima della crisi, l'incremento dei consumi di elettricità sarebbe dimezzato rispetto al decennio precedente. Si ritornerebbe ai consumi elettrici pre-crisi (del 2007) solo nel 2020. L’intensità energetica (rapporto tra energia consumata e ricchezza prodotta) calerebbe da 261 chilowattora ogni mille euro di Pil nel 2010 a 240 nel 2030; vi sarebbe una riduzione della produzione di elettricità da combustibili fossili e le emissioni di CO2 scenderebbero, rispetto al 2005, del 20% nel 2020 e del 26,7%% nel 2030.
In questo scenario servirebbero centrali elettriche con una potenza totale di 70,6 GW nel 2020 e 77 GW nel 2030: oggi ve ne sono già funzionanti per 76 GW, “con quelle nuove in costruzione si potrebbe avere un eccesso di capacità produttiva, anche considerando solo le nuove centrali già progettate e in fase avanzata di autorizzazione, la cui costruzione – spiega lo studio - dovrà essere prevedibilmente, rinviata.”
Anche se, contrariamente alla tendenza in atto, l’intensità energetica crescesse, ossia peggiorasse l’efficienza energetica, poi, non servirebbero più impianti di quelli già in fase autorizzativa. È quanto previsto dallo scenario grigio: in questa ipotesi aumenterebbe la produzione di elettricità da combustibili fossili e le emissioni di CO2 diminuirebbero in modo insufficiente: nel 2020 del 10,3% rispetto al 2005. Il fabbisogno di potenza elettrica al 2020 per fornire l'elettricità richiesta alla rete sarebbe di circa 76 GW che può essere soddisfatto con le centrali esistenti e con le nuove centrali termoelettriche convenzionali, per circa 5,2 GW, già in costruzione. Nel 2030 il fabbisogno di potenza elettrica salirebbe a circa 87,6 GW: con l'aggiunta degli ulteriori impianti già autorizzati e non ancora in costruzione e quelli con progetti definiti e in fase avanzata di autorizzazione, si potrà coprire tranquillamente il fabbisogno di potenza elettrica a quella data.
“In entrambi gli scenari, sia di miglioramento, sia di peggioramento dell'efficienza elettrica, dopo i cambiamenti in parte prodotti, in parte accelerati dalla crisi, viste le nuove centrali convenzionali in costruzione o già in fase di autorizzazione e visto lo sviluppo delle rinnovabili - conclude lo studio - non c'è spazio per un forte aumento della potenza elettrica come quella di nuove centrali nucleari, almeno fino al 2030. Per il terzo decennio invece del nucleare, per ridurre ulteriormente le emissioni di CO2, converrebbe sviluppare e applicare alle centrali a carbone la cattura e sequestro della CO2 (CCS): una tecnologia innovativa, con grandi potenzialità di sviluppo.”, dice il rapporto della Fondazione Sviluppo Sostenibile.