Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

News

Un premio Nobel keynesiano

13/10/2008

Il Nobel all'economia, nei giorni del crollo del turbocapitalismo, è andato a Paul Krugman. Non a Keynes in persona come qualche provocatore aveva proposto, ma a uno dei più famosi keynesiani viventi. L'economista di Princeton che, dalle colonne del New York Times, ha smontato pezzo a pezzo la politica economica di Bush come le sue avventure belliche. E che, con i suoi studi sui modelli di commercio e sulla localizzazione delle attività economiche, ha dimostrato che non sempre il mercato lasciato a se stesso funziona perfettamente. Questo ben prima che la realtà facesse esplodere questa verità in faccia a tutti, dandone "verifica empirica", come ha detto Joe Stiglitz, anch'egli Nobel per l'economia nell'anno 2001.

Nonostante la presenza di Stiglitz, di Sen (1998) e altri nella lista, l'elenco dei Nobel dal '69 a oggi resta fortemente imbarazzante per la giuria, data la ricorrente presenza degli ultrà liberisti e la costante conferma delle teorie mainstream, qua e là infiocchettate con i riconoscimenti di particolari tecnicalità nel campo della finanza. Dal premio a Milton Friedman (1976) in poi, si parla di uno "Stoccolma-Chicago express": la scuola di Chicago conta ben 25 premi Nobel, più o meno diretti. Restando nelle statistiche: più del 70% dei premiati viene da università americane, il 69% (58 economisti) ha la cittadinanza Usa. Tra loro, gli indimenticabili Scholes e Merton, insigniti della massima onoreficenza nel 1997 per aver trovato "un nuovo metodo per determinare il valore di strumenti derivati", e poi fondatori dell'hedge fund Long Term Capital Management, salvato dalla Fed poche settimane fa per la bella spesa di 3,6 miliardi di dollari.

A poche settimane dal voto Usa, il premio a Krugman è anche un simbolico addio a Bush, e un caldo benvenuto a Obama. Resta l'interrogativo: i saggi di Stoccolma hanno voluto fare così pubblica autocritica, o hanno semplicemente sancito l'avvento di una nuova mainstream?

Scholes e Merton, com'è andata a finire: scarica l'allegato

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

eZ Publish™ copyright © 1999-2015 eZ Systems AS