L'8 settembre 1943 fu firmato l'Armistizio. Gli atti dell'inchiesta aperta sul comportamento di ufficiali e colonnelli, coperta da segreto di Stato e resa pubblica nel 1965
L’8 settembre, alle 18:30, l’armistizio – firmato sei giorni prima nella cittadina di Cassabile - fu reso noto prima dai microfoni di Radio Algeri da parte del generale Dwight Eisenhower e, poco più di un'ora dopo, alle 19:42, confermato dal proclama del maresciallo Pietro Badoglio trasmesso dai microfoni dell'EIAR:
«Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza». Fu l'atto con il quale il Regno d'Italia cessò le ostilità contro le forze Anglo-Americane, nell'ambito della seconda guerra mondiale.
La fuga dalla Capitale del Re Vittorio Emanuele III e di suo figlio Umberto, del Capo del Governo Pietro Badoglio e dei vertici militari dapprima verso Pescara, poi verso Brindisi, fu immediata. La confusione fu immensa. Le forze armate italiane in tutti i vari fronti sui quali ancora combattevano, lasciate senza precisi ordini, si sbandarono. Più della metà dei soldati in servizio abbandonarono le armi e tornarono alle loro case in abiti civili. La reazione da parte degli ormai ex-alleati nazisti non si fece attendere tanto che fu immediatamente attuata "l'operazione Achse" (asse), ovvero l'occupazione militare di tutta la penisola italiana. Una parte delle forze armate rimase fedele al Re Vittorio Emanuele III come la Divisione Acqui sull'isola di Cefalonia fu annientata; una parte si diede alla macchia dando vita alle prime formazioni partigiane come la Brigata Maiella.
Vi furono alcuni – pochi – episodi di resistenza all’arrivo delle forze armate tedesche. Il più noto intorno a Roma.
All'alba del 9 settembre i tedeschi, con un lancio di 800 paracadutisti nei dintorni di Roma, tentarono la cattura del capo di stato maggiore dell'esercito Mario Roatta, convinti della sua presenza; egli se ne era invece andato la sera precedente.
I tedeschi furono contrastati dai reparti italiani dell'esercito, tra questi i reparti delle divisioni "Piave" e “Re”; la lotta costò ai tedeschi la perdita di 300 paracadutisti, di cui 48 caduti, mentre gli italiani ebbero 125 caduti e 145 feriti.
Riporto qui alcuni brani della relazione di 23 pagine presentata dall’allora Colonnello Edmondo De Renzi – in seguito Generale - al Ministero della Guerra, nell’ambito della Commissione d’inchiesta per l’esame del comportamento degli Ufficiali Generali e Colonnelli all’atto dell’armistizio: “Sintesi degli avvenimenti ai quali ha partecipato il 2° Reggimento di Fanteria Re nel periodo 6-15 settembre 1943.” Le risultanze dell’inchiesta furono coperte da segreto di Stato e rese pubbliche solo nel 1965; l’ho avuta dal mio vecchio amico e allora compagno figlio del Generale. Non risulta essere mai stata pubblicata.
(...) 8/IX, ore 18 circa: Alla stazione di Pontassieve giunge notizia al com. del 2° ftr., e alle truppe che con esse viaggiano, dell’avvenuto armistizio. Manifestazioni di giubilo da parte dei civili e della truppa. (...) Il treno su cui viaggia il comando 2° ftr. Viene fatto entrare in binario di ricovero a Monterotondo. Quivi il cap.(esp. S. M.) Mini Raffaele del comando divisione “RE” comunica verbalmente al Colonnello De Renzi l’ordine di scaricare a Monterotondo (...) Ore 7,40 circa: Una squadriglia tedesca spezzona e mitraglia la stazione di Monterotondo. Immediatamente dopo, successive numerose squadriglie operano concentrati lanci di paracadutisti sulla stazione di Monterotondo e sulle colline che separano la stazione dal paese (complessivamente circa 800 uomini). Il Col. De Renzi raduna immediatamente intorno a sé un gruppo di animosi e con questi tenta di colpire i paracadutisti in aria e nell’atterraggio. Tentativo impari (...)
Il Col. del 2°ftr. Giudica: (...) – essere l’attacco nemico diretto a catturare a Monterotondo tutto lo Stato Maggiore (risultò poi invece che tale ente si era allontanato la sera precedente); - doversi urgentemente dare mano forte al Presidio di Monterotondo per attaccare alle spalle i tedeschi che tentavano di impossessarsene (...) Il contingente di uomini disponibili viene diviso in due aliquote: (...) una, con 50 uomini circa, deve fronteggiare i paracadutisti sbarcati nella zona piana in prossimità della stazione; l’altra (200 uomini circa) con la Bandiera, deve rovesciare i tedeschi dalle colline a sud est della stazione. Entrambe le operazioni riescono felicemente. (...) I paracadutisti che tengono le quote a sud est della stazione, non ancora riordinati e subite le prime perdite,ripiegano in disordine su quote più arretrate. (...)
Il Col. De Renzi decide di assaltare il campo sportivo (...) L’azione poteva essere compiuta solo da pochi uomini attraverso un varco del recinto. (I volontari) prendono con sé pochi uomini e irrompono a gruppi all’interno del campo, superando di corsa il terreno e sopraffacendo le pattuglie che guardavano l’interno dell’edificio principale. Ne segue una serrata lotta a bombe a mano fra i tedeschi che accorrevano dai vari corpi del fabbricato e le pattuglie di irruzione. I tedeschi, pienamente sorpresi, hanno la peggio; lasciano vari morti sul terreno e gli altri si salvano nei vigneti (…) Nell’irruzione viene una seconda volta ferito il Col. De Renzi ed è colpito anche il S. Ten. Maestri (...) Nel restante corso del giorno 9 i tedeschi effettuano vari tentativi per schiacciare l’ostinato caposaldo di resistenza. Accolti da fuoco fermo, subiscono severe perdite e desistono (...)
10/IX, ore 6: Munizioni fucilieri esaurite. La truppa manca di viveri e d’acqua sin dalla sera del giorno 8; (...) Ore 10: civili avvertono che truppe della “Piave”, arrivate da Roma, hanno conchiuso in Monterotondo un armistizio, su richiesta del comandante il battaglione paracadutisti germanico.
Ore 12: Un ufficiale della divisione “Piave”, a nome del comando divisione, ordina al Colonnello De Renzi di cessare le ostilità. (...) Fuori dall’ospedale il Colonnello incontra il comandante del battaglione paracadutisti (un giovanissimo maggiore). Corretto scambio di saluti fra i due ufficiali: non viene pronunciata parola né da una parte né dall’altra.
Perdite subite nel combattimento di Monterotondo: morti 22 (truppa), feriti 35 (di cui 5 ufficiali).
(...) Frattanto fin dal pomeriggio del precedente giorno 9 orde innumerevoli di militari fuggiaschi arrivano da Roma in treno, con autocarri, con carri a traino animale, a piedi; visione tristissima della completa disfatta militare e morale dell’esercito e del paese. Il Col. De Renzi disloca pattuglie sulle strade per bloccare ogni tentativo di esodo da parte dei propri soldati.
(...) 11/IX, ore 9 circa: (ordine verbale da parte del Col. Musco, Capo di S. M. della divisione “RE”): Il Col. con le forze ai suoi ordini non doveva portarsi a Roma, dove la difesa era crollata. Era autorizzato a continuare ad agire di sua iniziativa, appoggiandosi a qualche eventuale comando operativo nella zona.
Ore 17 circa: Rapporto ai cti. di cp., nel quale il Col. riafferma la propria volontà di salvare l’onore del Reggimento e della Bandiera, pur in tanto sfacelo, e dà ordini per costituire col I/1° a sud est della stazione di Monterotondo, in attesa che sbarchi costieri degli Alleati (ai quali tutti credevamo) facessero sentire il loro peso.
(...) Ore 18 circa: Il Col., all’estremo delle sue energie fisiche, va a riposarsi per due ore (dopo pochi minuti due ufficiali lo svegliano e gli comunicano): truppa dà segni di depressione e di disorientamento per lo spettacolo delle migliaia e migliaia di soldati fuggiaschi da Roma; nefasta influenza di apocalittici racconti fatti alla truppa dal sergente autista del Sig. Generale Traniello, comandante della divisione “RE” (...)
Ore 20 circa: Il Col. De Renzi tiene rapporto a tutti gli ufficiali: (...) la situazione era ormai profondamente mutata ed il Col. bene comprendeva che sarebbe stato vano affrontare i tedeschi con le poche forze di cui disponeva; (...) sbarchi Alleati in corso davano la certezza che la situazione dovesse capovolgersi; sino a tale momento il Col. non avrebbe più richiesto alla truppa di combattere.
(...) Ore 20,15: Mentre il Col. parla agli ufficiali, purtroppo varie decine di soldati, attraverso il muro di cinta della caserma e col favore della prima oscurità, defezionano. Il Col. ha la sensazione che la truppa sia ormai allucinata dal miraggio delle famiglie e della case (…). Nessuno vuole essere l’ultimo a morire.
Con le ombre della notte e mentre la truppa viene incolonnata su strada le defezioni aumentano; purtroppo vari ufficiali di complemento mancano dai ranghi.
(...) 12/IX, ore 6: il Maggiore De Renzi, profondamente depresso, comunica che solo 9 ufficiali, tre sottoufficiali e 3 soldati erano rimasti fedeli alla Bandiera.
(...) 13/IX, ore 6: Il Col. De Renzi mette in libertà gli ufficiali, sottoufficiali e soldati, prendendo gli indirizzi di ognuno per riconvocarli attorno alla Bandiera a situazione ristabilita ( era sempre viva l’illusione che sbarchi multipli alleati avrebbero fatto sentire il loro peso nel giro di pochissimi giorni). Concede un anticipo di L. 4000 agli ufficiali superiori, L. 3000 a tutti gli altri ufficiali, L. 1000 ai sottoufficiali, L. 5000 ai soldati.
(...) 15/IX: Il Col De Renzi provvede a mettere al sicuro la Bandiera in regione di Tolentino.
La Commissione concluse l’inchiesta attribuendo la responsabilità della caduta di Roma ai Generali Mario Roatta e Giacomo Carboni.
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