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Immigrazione, arriva il dossier Watchdog

01/10/2015

Vi è una corrispondenza tra gli indirizzi del dibattito pubblico, i discorsi pubblici dei rappresentanti delle istituzioni e il loro operato all’interno del Parlamento? Nel dossier Watchdog di Lunaria un'analisi degli atti legislativi di governo e Parlamento da febbraio ad agosto

98 proposte di legge presentate dall’inizio della legislatura e 286 atti parlamentari non legislativi (tra interrogazioni, interpellanze, ordini del giorno, mozioni). Di immigrazione si parla sempre in termini di “emergenza” ma cosa fa chi potrebbe adottare i provvedimenti necessari per consentire il passaggio da interventi emergenziali e straordinari a misure più ordinarie e sistemiche? È a partire da questa domanda che ha preso le mosse il rapporto Watchdog. Un accurato monitoraggio svolto da Lunaria tra il 1 febbraio e il 5 agosto scorso, e corredato dai link a tutti gli atti legislativi, dell’attività politica parlamentare in materia di immigrazione, asilo, cittadinanza, discriminazioni e razzismo.

Emerge dal rapporto una intensa attività legislativa che però nella stragrande maggioranza dei casi non riesce a vedere la luce. Un gran numero di proposte di legge e atti di indirizzo che si perde nelle pieghe della burocrazia. Scopriamo così, per esempio, che l’odioso reato di clandestinità ancora non è stato abolito, perché il governo non ha ancora esercitato la delega del Parlamento avvenuta con l’approvazione della legge il 14 maggio 2014 sull’onda dello sdegno seguito alla tragedia del 3 ottobre 2013 al largo delle coste di Lampedusa.

Ci troviamo dunque davvero di fronte a un'"emergenza"? O piuttosto l'evocazione ormai pluridecennale di questa parola serve solo a mantenere salda una "gestione emergenziale" delle politiche migratorie e degli interventi di accoglienza e inclusione sociale dei migranti e dei richiedenti asilo che giungono nel nostro paese e in Europa? A giudicare dalle proposte sul campo anche in questi ultimi giorni – hot spot e hub regionali – “la direzione seguita è tutt'altro che quella auspicata dalla società civile che richiederebbe la definizione di un sistema di accoglienza coordinato a livello nazionale, articolato in piccole strutture, gestito da soggetti di comprovata qualificazione a seguito di procedure di affidamento pubbliche, trasparenti e monitorabili da soggetti terzi, capaci di garantire oltre alla mera accoglienza materiale tutti quei servizi che sono indispensabili per la garanzia dei diritti fondamentali della persona e il suo inserimento sociale nella società di accoglienza”.

Scarica qui il Rapporto

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