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Il lavoro in Europa

08/06/2012

Dopo Il lavoro in Italia, ecco un nuovo “sbilibro”: Il lavoro in Europa, in collaborazione con l’Etui, l’Istituto sindacale europeo. 14 saggi che spiegano il sistema che ci ha portato alla crisi e le politiche per rilanciare l’occupazione, in alternative all’ortodossia neoliberista. Lo presentano i curatori dell’edizione italiana

Vista dalla “vecchia Europa”, la crisi che ha investito il sistema economico mondiale appare più drammatica che altrove. Secondo l’ultimo rapporto dell’Oil, l’Organizzazione internazionale del lavoro, nel mondo sono quasi 50 milioni i posti di lavoro ancora da recuperare dall’inizio della crisi. È in Europa però che si conta il saldo peggiore. Eurostat stima in quasi 25 milioni le persone in cerca di occupazione nello scorso mese di marzo. È in aumento la disoccupazione di lungo periodo, quella di chi non trova lavoro da almeno un anno e aumenta drasticamente la disoccupazione giovanile, che tocca punte del 50% in Spagna e in Grecia. A ben vedere, almeno per ora, è il Sud dell’Europa a essere nei guai: non vanno così male i paesi nordici e i paesi del “modello renano”, con tassi di disoccupazione ben al di sotto della media europea. Ancor più drammatica, forse, è la mancanza di una visione di lungo termine, l’incapacità da parte della classe dirigente europea di abbandonare definitivamente i sentieri dell’ortodossia neoliberista, benché abbiano mostrato di non saperci portare lontano. Trovare altre vie, tracciare altri percorsi, elaborare e adottare nuovi paradigmi è l’impegno più urgente che l’Europa si trovi ad affrontare. Di fronte a trasformazioni epocali, che hanno riconfigurato lo spazio politico, i criteri della cittadinanza, il funzionamento economico, le stesse aspettative di vita dei citta­dini, non possiamo continuare a esplorare un territorio sconosciuto con l’aiuto delle vecchie mappe, disegnate in tempi diversi e in risposta a bisogni differenti.

 

Nel 2011 non ci sono stati segnali di ripresa, eppure l’Europa arranca, senza una strategia comune di rilancio, né uno straccio di coordinamento per la crescita. Le stra­tegie politiche dell’Europa sembrano puntare tutto sull’austerità, sul taglio dei bilanci pubblici e sulle riforme strutturali, una su tutte, quella sul lavoro. Ricette prevedi­bili, e prevedibilmente recessive. Inutili, e in molti casi dannose. Ci ricorda l’Oil che fra il 2008 e il 2012 la maggior parte delle economie europee ha riformato la propria disciplina del lavoro, rilassando le regole e abbassando spesso le protezioni sociali (19 paesi sui 27 paesi dell’Europa). Non serve ricordare, come fa il rapporto dell’Oil, che la relazione causale fra deregolamentazione dei mercati e crescita dell’occupa­zione è quantomeno debole e che semmai può essere vero l’opposto, e cioè che una regolamentazione adeguata crea le condizioni per la crescita dell’occupazione.

Non ci si può sorprendere se le aspettative di crescita siano basse. Le stime più ottimistiche ci dicono che ci vorranno almeno 4 anni prima di recuperare i posti di lavoro andati perduti. Nel frattempo, il divario fra Nord e Sud d’Eu­ropa è destinato ad aumentare. A meno che non ci sia un’inversione di tendenza, che potrebbe arrivare da un rinnovato protagonismo di quelle forze politiche progressiste rimaste fin qui afone, subalterne alle strategie suggerite dall’asse Merkel-Sarkozy. Ma senza un rilancio della domanda e un disegno complessivo capace di mettere in moto quel piano di investimenti di cui l’Europa avrebbe bisogno, appare difficile aspettarsi una ripresa.

All’opposto, la perdita di posti di lavoro, la riduzione delle protezioni sociali e i dati della disuguaglianza sono lì a mostrarci i segni di una crisi profonda. Una deriva iniziata molto prima della crisi, con il disfacimento di una società che si era costruita con fatica integrando le classi più svantaggiate e accrescendo il perimetro dei diritti. Quella fase di inclusione si è ora arrestata. E a essa si accompagna una nuova e altrettanto feroce fase di esclusione. Il sociologo porto­ghese Boaventura de Sousa Santos parla di un doppio movimento. Se la storia della modernità occidentale negli ultimi trecento anni può essere vista come una continua battaglia per l’inclusione nel contratto sociale, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso (contestualmente all’affermazione del neoliberismo) si è innescato un opposto movimento di esclusione: quelli che erano già entrati a far parte del contratto sociale ne vengono esclusi, mentre i loro figli sanno che non ne faranno mai parte. La perdita di milioni di posti di lavoro e la riduzione dei diritti cui stiamo assistendo non rappresentano soltanto un sintomo della crisi, dunque, ma segnalano un cambiamento più ampio, un nuovo processo di esclusione. Il primo passo per contestare questa deriva è mettere in discussione il modello neoliberista. Ed elaborare scenari alternativi praticabili.

È da anni ormai che l’Istituto sindacale europeo, centro di ricerca della Confederazione sindacale europea, cerca di contrapporre un’alternativa credi­bile al fallimento delle politiche neoliberiste degli ultimi trent’anni. L’abbiamo visto con il volume Dopo la crisi: proposte per un’economia sostenibile, che l’Isti­tuto ha pubblicato nel 2010 e di cui Sbilanciamoci ha curato l’edizione italiana, con interventi di economisti italiani e internazionali. Con Exiting from the crisis: towards a model of more equitable and sustainable growth, trenta autori, al centro del movimento del lavoro in Europa e nel mondo, ci spiegano come sia possibile definire i parametri di un nuovo modello di crescita, che metta al centro il lavoro e garantisca una ripresa equa e sostenibile, e che allo stesso tempo tenga conto delle contraddizioni della crescita infinita in un pianeta dalle risorse limitate. La maggior parte dei testi di questo volume sono raccolti nell’edizione italiana, di cui Sbilanciamoci ha curato la traduzione. La versione italiana è suddivisa in due parti. Nella prima, la critica al fondamentalismo del mercato è il punto di partenza per la definizione di un nuovo orientamento di poli­tica macroeconomica, centrato sulla cooperazione internazionale fra i paesi. Nella seconda, al centro è il lavoro, le sfide della globalizzazione, l’ascesa del preca­riato, l’erosione dei diritti e il tentativo di ricostruire una società che promuova un lavoro dignitoso. Perché riequilibrare il lavoro, fra chi ne ha molto e chi ne ha poco, fra lavoro creativo e lavoro manuale, è una sfida che dobbiamo saper porci. Come ci ricordano John Evans e Joseph Stiglitz nella prefazione a questo volume, l’austerità non può essere la soluzione ai problemi posti dalla crisi. Occorre spin­gersi verso un nuovo modello di crescita, più equo e più sostenibile.

Questo nuovo ebook segue di qualche settimana la pubblicazione dello sbilibro su Il lavoro in Italia, uscito il 18 maggio scorso. Anche in quel lavoro si mostrava la necessità far uscire l’Italia da un presente fatto di precarietà e disuguaglianze attra­verso politiche inclusive, molto lontane dalle ricette care all’ortodossia liberista. Mai come oggi, però, il destino dell’Italia è legato a doppio filo con quello dell’Eu­ropa. Perché una politica del lavoro che sia davvero inclusiva e che punti all’equità non può prescindere da un rilancio del sistema di diritti e di tutela del lavoro in Europa e nel mondo.

Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza la collaborazione di France­sco Bloise, Alessandro Bramucci, Armanda Cetrulo, Carlo Cocuzzo, Silvio Majorino, Alessandro Moraca e Ludovica Tartaglione che hanno curato le traduzioni dei testi. Ringraziamo Mario Pianta, Guglielmo Ragozzino e Roberta Carlini per i loro consigli. Come sempre, ai ragazzi di AnAlphabet va il nostro ringraziamento per il progetto grafico e a Cristina Povoledo per l’adattamento e la realizzazione.

 

Indice

Prefazione. Le politiche economiche tra austerità e crescita, Joseph Stiglitz

Prefazione all’edizione italiana, John Evans

Il lavoro in Europa, Giuliano Battiston e Matteo Lucchese

Le risposte alla crisi, David Coats

 

Oltre il fondamentalismo del mercato

Alle radici della crisi, Raymond Torres

I fallimenti del “consenso di Washington”, Peter Bakvis

Le politiche monetarie e fiscali, Andrew Watt

Una nuova prospettiva per la crescita economica, Thomas I. Palley

Il caso dell’Europa, Andrew Watt

Il caso degli Stati Uniti, Thomas I. Palley

Per una nuova strategia industriale, Tim Page

La giustizia sociale in un mondo con risorse limitate, Anabella Rosemberg e Lora Verheecke

 

Il lavoro in Europa

Un mercato del lavoro equo e inclusivo, Robert Kuttner

La flessibilità non è la soluzione, David Coats

Come ridurre le disuguaglianze globali, Andrew Jackson e Rory O’Farrell

Come e perché siamo diventati precari, Jim Baker

Economie più aperte, ma con standard internazionali del lavoro, Frank Hoffer

Un modello di crescita più equo e sostenibile, Ron Blackwell e David Coats

 

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