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Rilettura

Il pallottoliere dell'informazione

24/11/2008

A Roma si intitola una piazza a Caffè. In omaggio, ripubblichiamo un articolo assai attuale scritto dal grande economista nel 1981.

Uno degli indici più preoccupanti dell'accrescersi, nel nostro Paese, della situazione di «regime» è costituito dall'aggravarsi del conformismo nella informazione: con riguardo particolare a quella economica, per quanto ci concerne in questa sede. Questo conformismo si manifesta, soprattutto, con la selettività della informazione. È sempre il nostro paese a perdere di competitività: ma si tace in quale misura sia andato subdolamente estendendosi il «protezionismo amministrativo» da parte dei paesi abitualmente destinatari delle nostre esportazioni. Si tace altresì in quale misura l'altrui sforzo di commercializzazione non possa, né debba, trovare compenso in una maggiore produttività di cui si debbano far carico esclusivamente le forze lavoratrici.

 

La selettività si manifesta, ancora, nel silenzio che circonda, alcune manifestazioni di pensiero particolarmente autorevoli. Uno dei più seri gruppi di economisti impegnati nell'analisi dei fatti correnti, cioè il Cambridge Economic Policy Group, ha rilevato di recente che il multilateralismo degli scambi mondiali non può proseguire indefinitamente, con il supporto di finanziamenti esteri ottenuti con oneri sempre più pesanti. Ciò non va inteso, ovviamente, come un invito al ritorno al bilateralismo degli scambi. Ma richiede indubbiamente un ripensamento della intermediazione finanziaria internazionale che ha ingigantito oltre ogni limite prudenziale il mercato delle eurovalute.

 

Alla selettività di comodo si aggiunge l'atteggiamento imitativo acritico. Così la pretesa «fine» dello «stato del benessere» diventa un dogma anche in un paese come il nostro che raggiunge traguardi di primato nella utilizzazione del lavoro minorile. Né si ha ritegno a parlare di «vincoli» alle decisioni imprenditoriali in una economia in cui gli abusi edilizi e la carenza di una effettiva difesa dell'ambiente hanno assunto manifestazioni aberranti.

 

L'iterazione viene confusa con la convalida; tanto più che l'estrema inclinazione alla dimenticanza porta a trascurare ogni verifica tra previsione e consuntivo. Gli errori avvengono sempre a senso unico. Le entrate fiscali sono sistematicamente sottostimate; le spese sempre sopravalutate; la crescita valutata costantemente a un livello inferiore a quello al quale effettivamente si concreterà.

 

Si potrebbero considerare questi comportamenti come riflesso di un indulgere alla moda dei tempi, se le influenze psicologiche non avessero un peso rilevante nell'evoluzione concreta delle vicende economiche. Così, l'enunciazione categorica di una crescita zero (tra l'altro, immemore dell'esaltazione fattane in epoca non lontana dai critici della «sviluppomania») non è priva di effetti deprimenti in coloro che devono assumere decisioni impegnative e rischiose. Non è l'impiego di una ragionevole previsione che viene criticato, ma il processo di mitizzazione che esso subisce nel passaggio dalla formulazione di chi ne conosce i limiti e le incertezze, alla divulgazione di massa che traduce il probabile in ineluttabile, e alla strumentalizzazione politica che trasforma la presunta certezza in denuncia di inevitabili esiti catastrofici.

 

Liberarsi dalla suggestione delle affermazioni che finiscono per essere accettate per il solo fatto di essere ripetute non è una cosa agevole. Tuttavia, occorre far appello a un vigile senso critico e a una lunga memoria che, nell'efficace collegamento tra il presente e il passato, trovi il migliore antidoto al sottile veleno delle presunte certezze.

 

Mentre, monotonamente, si susseguono le percentuali di incremento e di decremento, si perde di vista l'aspetto nuovo della crisi che attraversiamo e che la distingue da quelle che l'hanno preceduta. Se le vicende del 1929 posero di fronte alle esigenze di un risanamento finanziario (e la banca centrale solo con ritardo e dopo il verificarsi di gravi dissesti si rese conto della sua funzione di prestatrice di ultima istanza); così oggi si è di fronte alle esigenze di un riassetto industriale: ed ancora una volta il sistema creditizio-finanziario si dimostra incapace di comprendere che la tempestività e l'adeguatezza del suo intervento è condizione essenziale per la salvaguardia della struttura industriale e per il contenimento, in senso sostanziale, delle pressioni inflazionistiche.

 

I numeri, pur necessari, non potranno mai sostituire le capacità di cogliere ciò che è ripetitivo e ciò che è innovativo nel fluire della storia.

Quest'articolo è stato pubblicato dal quotidiano il manifesto il 17 febbraio 1981. E' contenuto in "Scritti quotidiani", di Federico Caffè, ed. manifestolibri (2007)

La targa toponomastica LARGO FEDERICO CAFFE' sarà posta mercoledì 26 novembre 2008, ore 11.30, tra Viale Quattro Venti e Via Antonio Cesari, nel Municipio XVI di Roma, adiacente la Stazione FF.SS. La scelta del Comune di Roma è maturata a seguito dell'iniziativa di docenti e studenti dell'Istituto tecnico "Federico Caffè", sito nello stesso quartiere

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