Un'anticipazione dal cap. 5 di Capitalismo e (dis)ordine mondiale, raccolta degli scritti di Giovanni Arrighi a cura di Giorgio Cesarale e Mario Pianta, in uscita presso Manifestolibri
Questo capitolo analizza quel che si può chiamare la “strana morte” del Washington consensus, con particolare riferimento al rafforzamento economico della Cina e a un cambiamento fondamentale nelle relazioni tra il Nord e il Sud del mondo. Ciò che è “strano” riguardo questa morte è che essa sia avvenuta in un momento in cui le dottrine neoliberiste promosse dal consensus godono di un’autorità apparentemente incontrastata. Proprio per questa ragione, questa morte è stata poco notata, e le sue cause e conseguenze rimangono avvolte in una gran confusione. Parte della confusione sorge dalla persistente influenza sulla politica mondiale di vari aspetti del defunto consensus. Come notato da Walden Bello, “il neoliberismo [rimane], semplicemente per forza d’inerzia, il modello standard per molti economisti e tecnocrati che... non hanno più fiducia in esso”. Inoltre, nuove dottrine stanno emergendo, principalmente nel Nord del mondo, che tentano di rianimare aspetti del vecchio consensus in forme più realistiche ed accettabili. La nostra analisi non esclude né la residuale influenza del neoliberismo, come modello “standard”, né la possibilità di una sua rinascita in forme nuove. Semplicemente essa evidenzia che la contro-rivoluzione neoliberista dei primi anni Ottanta, della quale il Washington consensus è stato parte essenziale, ha fallito, creando le condizioni per un’inversione delle relazioni di potere tra il Nord e il Sud del mondo che sta già cambiando sia la politica mondiale che la teoria e la pratica dello sviluppo nazionale. Inizieremo con lo schematizzare le origini e gli obiettivi della svolta, o contro-rivoluzione, neoliberista del 1979-82 nelle politiche e nell’ideologia statunitense. Dopo aver sottolineato l’impatto della svolta neoliberista nelle relazioni Nord-Sud, focalizzeremo l’attenzione sull’ascesa economica della Cina, quale sua conseguenza imprevista più importante, profondamente radicata nelle tradizioni cinesi, compresa quella rivoluzionaria dell’era di Mao. Concluderemo indicando l’impatto dell’ascesa cinese sulle relazioni Nord-Sud, con particolare riferimento al possibile emergere di una nuova alleanza fra i paesi del Sud su fondamenta più solide di quella stabilita a Bandung negli anni Cinquanta, e considerando le sfide e opportunità che l’attuale crisi economica crea per la Cina e altri paesi in via di sviluppo. […]
Il crollo di Wall Street del 2008 ha accelerato il collasso del Washington consensus. Mentre il capitalismo neoliberista di stile americano – con un intervento pubblico limitato, regolamentazioni minime e l’allocazione del credito secondo regole di mercato – perdeva credibilità, molti commentatori si chiedevano se il capitalismo guidato dallo Stato cinese potesse essere un’alternativa. […] Allo stesso tempo, il fatto che l’economia cinese non sia stata immune dalla crisi economica globale che ha avuto il suo epicentro negli Stati uniti – specialmente per il declino delle esportazioni e il rallentamento della crescita economica – ha spinto a riconsiderare il modello di crescita basato sull’esportazione adottato dalla Cina negli anni Novanta. I governanti cinesi sono divenuti consapevoli dei vincoli imposti alla crescita dai bassi livelli dei consumi interni. L’attuale crisi economica potrebbe rappresentare ciò che era necessario per indurli a muovere verso una via di sviluppo più equilibrata, sostenuta dal consumo domestico. Un tale spostamento implicherebbe inevitabilmente una recessione, che tuttavia sembra un passaggio necessario nella direzione di uno sviluppo sostenibile a lungo termine. Come Naughton prevedeva nel 2006, “centinaia di imprese falliranno, le tensioni commerciali aumenteranno ulteriormente con i tentativi di vendere sottocosto sui mercati mondiali e l’attitudine generale verso la Cina s’invertirà, da positiva a negativa”. Ma, come dovrebbe esser chiaro da questo capitolo, ci sono anche buone ragioni per prevedere che la crisi economica del 2008 possa alla fine condurre alla ripresa della crescita cinese su fondamenta più sostenibili nel lungo termine, e a migliori prospettive per una nuova Bandung.
Questo testo è tratto dal cap. 5 del libro di Giovanni Arrighi, Capitalismo e (dis)ordine mondiale, a cura di Giorgio Cesarale e Mario Pianta, in uscita presso Manifestolibri.
In allegato pdf, il V capitolo del libro, intitolato "Dopo il neoliberismo. Il nuovo ruolo del Sud del mondo"
La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui