Roma, mercoledi 26 febbraio, ore 17.30, Fondazione Basso, Via Dogana Vecchia 4. Presentazione dello speciale “Sbilanciamo l’Europa” pubblicato col manifesto venerdì 21 febbraio e disponibile su old.sbilanciamoci.info. Ne discutono: Andrea Baranes, Carlo Donolo, Luigi Ferrajoli, Claudio Gnesutta, Giulio Marcon, Grazia Naletto, Mario Pianta, Angelo Mastrandrea, Valentino Parlato, Paolo Pini, Guglielmo Ragozzino, Christian Raimo, Claudio Riccio
L’ascesa di Matteo Renzi a Palazzo Chigi inaugura una nuova fase della politica italiana. È avvenuta unendo tre eredità politiche diverse: le manovre di palazzo democristiane, la personalizzazione della politica di Berlusconi, il nuovismo del New Labour di Tony Blair. In esse si riflette il blocco di interessi che il nuovo leader rappresenta. Il ceto medio conservatore, il mondo delle imprese protette dallo stato, la rendita immobiliare, la finanza internazionale della City e la sua agenda liberista. Ma il suo capolavoro è l’immagine di dinamismo che trasmette, la promessa di una possibilità di cambiamento. Ci hanno creduto i due milioni di elettori Pd che l’hanno scelto nelle primarie. Ci credono molti giovani, esasperati dall’immobilità del paese. Ci potrebbero credere un po’ imprese e banche, che potrebbero tornare a investire regalandogli una mini-ripresa dell’economia. Forse ci crede lo stesso Renzi, che pensa di avere i margini per grandi operazioni – un reddito minimo o un taglio delle tasse – e di poter sforare il vincolo del 3% nel rapporto tra deficit pubblico e Pil. Dove potrà condurci quest’“uomo solo al comando”? Più che rovesciare i vent’anni di declino economico dell’Italia, il Renzismo potrebbe diventare il modello per gestirlo. Potrebbe dare governabilità al paese, rassicurare la finanza, proteggere i privilegi del dieci per cento più ricco e sventolare promesse per il novanta per cento che sta peggio di prima. Il Renzismo potrebbe inaugurare la “terza repubblica”, e mettere in un angolo la democrazia.