Quella presentata dal professor Mario Monti è una brutta manovra. E lo è, si badi bene, perfino dal punto di vista della filosofia che avrebbe dovuto ispirarne l’impianto.
Sono in molti a sostenere, e a ragione, che non di questo rigore avrebbe bisogno l’Italia e non di queste istituzioni europee, di questa Bce, avrebbe bisogno l’Europa.
Sono in molti a sinistra a sostenere, e a ragione, che solo facendo arrivare qualcosa in basso, ridando un minimo di ossigeno ai ceti medio-bassi stremati dalla crisi, intervenendo con coraggio sulle stridenti disuguaglianze aggravatesi ulteriormente negli ultimi anni, si potrebbero compensare almeno in parte gli effetti di una recessione verso la quale stiamo dirigendoci a passi da gigante (le stime per il 2012 parlano di un calo del Pil dello 0,5%. E non è che ci fossimo già brillantemente ripresi dalla batosta del -5% del 2009…). La Grecia ci ha purtroppo insegnato che le politiche di austerity rischiano di essere una cura che uccide il malato, vista la diabolica spirale recessione-calo delle entrate fiscali-manovre di riequilibrio dei conti pubblici-ulteriore recessione, dalla quale si rischia di essere stritolati.
Ma anche al netto di queste considerazioni, anche volendo accettare i “vincoli di contesto” che hanno portato alla nascita del governo Monti, anche ipotizzando di condividere l’approccio liberal-rigorista sposato dall’esecutivo dei “professori”, insomma, anche predisponendosi ad una valutazione il più possibile priva di pregiudizi, questa manovra è del tutto deludente.
Non solo mancano misure di elementare equità come un’imposta sui grandi patrimoni; non solo si sfiora la beffa, la presa in giro, con una tassazione all’1,5% sui capitali rientrati con lo scudo fiscale del governo Berlusconi. Non solo non si sono trovate risorse per evitare misure odiose come quelle ben rappresentate dalle lacrime del ministro Fornero, ovvero il blocco della rivalutazioni per pensioni comunque da fame (oltre la soglia, bassissima, del doppio della minima: 940 euro al mese).
Ma dove sono le misure contro l’evasione fiscale? Non si dovrebbe giudicare da queste misure un governo “dei seri e degli onesti”? E dove sono le liberalizzazioni, la lotta senza quartiere alle caste professionali, che ci si sarebbe potuti aspettare da un governo di bocconiani? Sono i farmaci C nelle parafarmacie la nuova e fulgida frontiera della “grande modernizzazione” imposta da questi tempi di cambiamenti epocali? Dove sono, sopra a ogni cosa, le misure per la crescita?
Non ci siamo. Evidentemente anche i professori talvolta si meritano dei brutti voti.
(5 dicembre 2011)