Trapelano da qualche mese notizie sulla negoziazione di un accordo di libero scambio fra Unione europea e Stati Uniti: il Trattato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti (TTIP). Il procedimento è circondato da un alone di segretezza: è democratica una gestione a porte chiuse, all’interno degli esecutivi, dove con le consultazioni si ovvia alla mancanza di discussione, partecipazione e trasparenza?
Dopo una prima parte dell’intervento dedicata al commento delle procedure seguite, nei paragrafi successivi si esamina il contenuto del TTIP. In primo luogo si analizzano le linee di quella che si prospetta come una massiccia deregolamentazione, che potenzialmente incide, ed entra in collisione, con la tutela di diritti come la salute, l’ambiente e il lavoro. In secondo luogo, si ragiona degli effetti dell’introduzione del meccanismo di risoluzione delle controversie tra Stato e investitore, quale strumento di giustizia privata che rischia di eludere le ordinarie vie giurisdizionali e limitare la potestà normativa degli Stati.
Il TTIP – si osserva in conclusione – pare inserirsi, con una buona dose di spregiudicatezza, nel percorso che, in senso opposto alla limitazione del potere del costituzionalismo, restringe gli spazi di sovranità popolare e commissaria gli Stati nel nome della sovranità dei mercati.