Fa pensare il fatto che la decisione presa a Washington, seppur ancora da ratificare al Congresso, di armare i drone Reaper italiani di stanza a Sigonella non abbia avuto in Italia la giusta enfasi. Anzi, è passata decisamente sottotraccia.
Nella lista della spesa italiana si parla di 156 missili AGM-114R2 Hellfire II costruiti dalla Lockheed Martin, 20 GBU-12 (bombe a guida laser), 30 GBU-38 JDAM. Gli unici teatri dove sono operativi ad oggi droni italiani sono Iraq - due Predator con missioni di riconoscimento e identificazione di bersagli nelle operazioni contro Daesh e stazionati in Kuwait, - Mare Sicuro e Euronavfor Med.
Secondo alcuni esperti del settore sarebbe da escludere un uso dei drone armati in Libia mentre all'annuncio della notizia il sito KnowDrones ha sottolineato come la decisione di armare drone italiani, oggetto di anni di dibattito negli Stati Uniti, rientrerebbe nella strategia Usa in Africa.
A prescindere da queste considerazioni più strategiche, la questione solleva punti assai delicati, riguardo il diritto, la legalità, l'etica. Già di per sé l'uso di drone per sorveglianza e intelligence apre la porta a tematiche riguardanti la privacy, l'uso di dati personali ed affini. L'uso di drone per acquisire bersagli da far bombardare ad altri, rappresenta un passo ulteriore che riguarda i codici militari di guerra e le possibili corresponsabilità in crimini di guerra, nel caso di uccisioni di civili (CivCas, civilian casualties in gergo militare).