“Quel decreto è incostituzionale, Presidente non lo firmi.” Il decreto Romani di recepimento della direttiva europea sulle rinnovabili non piace agli operatori del settore che vi hanno anche rilevato diversi elementi in contrasto con la nostra Costituzione, al punto di arrivare ad appellarsi al Presidente della Repubblica con una lettera (in allegato), che invitano ad inoltrare agli indirizzi della Presidenza (presidenza.repubblica@Quirinale.it - segreteriasg@quirinale.it, fax 06 46993125 - Telex 06 620022).
Diversi gli elementi del decreto in contrasto con la Carta costituzionale, secondo gli autori della missiva, di cui riportiamo parte del testo:
“Si evidenzia la sussistenza di profili di manifesta incostituzionalità dello stesso con particolare riguardo agli artt. 8 e 23 o altri diversi articoli che dovessero risultare dal testo definitivo, con sotto le rubriche rispettivamente: “requisiti e specifiche tecniche” e “disposizioni transitorie e abrogazioni”.
In ordine agli artt. 3 e 41 della Costituzione sotto il profilo della ragionevole discriminazione tra iniziative economiche che si trovano in fasi differenti; a tal fine si considera che la differenza nelle fasi di sviluppo degli impianti dipende da fattori non controllabili ed estranei alla volontà degli operatori, tra cui i ritardi negli iter burocratici dovuti all’inefficienza dei gestori e delle pubbliche amministrazioni competenti al rilascio dei titoli abilitativi; in altri termini, non potranno usufruire di incentivi quegli operatori che hanno avuto la sfortuna di avere a che fare con le amministrazioni e le agenzie degli operatori di rete più inefficienti;
Per violazione dell’art. 41 della Costituzione, stante che l’introduzione del limite temporale del 31/5/2011 avrà l’effetto di stroncare tutte le ingenti iniziative economiche che non potranno adeguarsi al predetto non congruo, originale e imprevedibile termine, con palese violazione della libertà di iniziativa economica privata;
Per contrasto con l’art. 76 della Costituzione, atteso che il Governo, delegato con legge Comunitaria 2009 (L. 4-6-2010 n. 96) all’attuazione delle direttive comunitarie in materia di promozione dell'uso delle energia da fonti rinnovabili, invece di promuoverle ha decretato nella sostanza la fine delle stesse, contraddicendo in maniera evidente la delega ricevuta e i successivi pareri formulati dai due rami del Parlamento. In altri termini, così facendo il Governo ha esercitato illegittimamente il potere legislativo, in carenza di delega, in contrasto con le indicazioni del Parlamento e degli indirizzi generali della legge di delegazione;
Per violazione dell’art. 117 della Costituzione: (i) in relazione al Protocollo di Kyoto, alla direttiva n.2009/28 del 23/4/2009 e non da ultima alla raccomandazione della Commissione Europea del 31 gennaio c.a., a seguito del citato incostituzionale Decreto Legislativo, l’Italia non raggiungerà gli obiettivi di cui ai predetti atti, violando così i trattati internazionali recepiti. (ii) in ordine all’art. 16 della Direttiva n. 2009/28 la quale impone che gli Stati membri assicurino che “siano adottate appropriate misure operative relative al mercato e alla rete affinchè vi siano meno limitazioni possibili dell’elettricità prodotta dalle fonti rinnovabili”; con l’introduzione dei limiti summenzionati lo Stato Italiano adotta un atto normativo diametralmente opposto agli obiettivi perseguiti col summenzionato articolo 16.
Violazione dell’art. 97 della Costituzione che fissa i principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa. Infatti, con il Decreto Legislativo in questione non sono stati individuati gli strumenti e le misure più adeguati e congrui, efficienti ed efficaci al fine del perseguimento dell’interesse pubblico concreto della promozione delle energie rinnovabili. E’ di tutta evidenza, invece, che il Governo ha perseguito l’obiettivo di porre fine in Italia alle energie rinnovabili.”