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Perché Berlino danneggia l’economia globale

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I tedeschi sono sdegnati: sdegnati con il dipartimento del Tesoro Usa, che con il suo rapporto semestrale sulle politiche internazionali per l'economia e i tassi di cambio dice cose negative sugli effetti che le politiche macroeconomiche della Germania producono sull'economia mondiale. Esponenti del Governo di Berlino hanno dichiarato che le conclusioni del rapporto sono «incomprensibili»: una definizione un po' strana, considerando che si tratta di considerazioni assolutamente ovvie.
Per inciso: sì, gli Stati Uniti hanno spiato Angela Merkel e non c'è alcuna giustificazione per questo; ma non ha nulla a che vedere con l'argomento in discussione e chiunque sostenga una cosa del genere non fa altro che dimostrare la propria pochezza intellettuale. E dire quello che si pensa sulle politiche economiche tedesche non significa essere antitedeschi o antieuropei: chi cerca di eludere l'elemento centrale della discussione lanciando accuse di questo tipo di fatto sta ammettendo di non avere argomenti.
Torniamo al tema e proviamo a tracciare una breve storia dell'Eurozona, raccontata attraverso due Paesi, Germania e Spagna.
La creazione dell'euro è stata seguita dall'affioramento di squilibri colossali, con grandi quantità di capitali che defluivano dai Paesi del nocciolo duro a quelli della periferia. Poi i flussi di capitali privati si sono improvvisamente interrotti, costringendo le nazioni della periferia a eliminare i loro disavanzi nel saldo con l'estero, anche se il processo è stato rallentato dall'erogazione di prestiti a livello istituzionale, principalmente attraverso prestiti tra le Banche centrali.
La pessima notizia per la periferia dell'euro è che finora l'aggiustamento è avvenuto principalmente attraverso il calo dell'attività economica invece che attraverso un recupero di competitività, tanto che il contraltare di questo "miglioramento" per la Spagna è una disoccupazione al 25 per cento.

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