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La lotta del governo contro le cooperative

14/10/2011

L’ultima manovra finanziaria (contenuta nel Decreto Legge 138/2011, convertito in Legge 148/2011), che ha lo scopo di anticipare il pareggio di bilancio al 2013, continua a smontare il sistema fiscale agevolato delle cooperative che ha permesso loro nel tempo, a partire dalla fine degli anni quaranta del novecento, di crescere grazie più al reinvestimento degli utili che le loro attività riuscivano a generare (il c.d. autofinanziamento) e meno per mezzo del ricorso al credito bancario o dei conferimenti dei soci (che non avevano e non hanno capitali significativi da investire). Questo sistema si basa oggi, fondamentalmente, su un paio di importantissime norme di legge poco conosciute dai comuni cittadini. Esaminiamole.

La prima norma è quella attualmente contenuta nel 1° comma dell’ art. 2545 – quater del Codice Civile, che prevede l’obbligo per le cooperative di destinare a riserva legale almeno il 30% degli utili netti annuali (cioè degli utili prima del pagamento delle tasse), qualunque sia l’ammontare di tale riserva. Questo alto livello della riserva legale obbligatoria (che, nelle cooperative a mutualità prevalente, cioè quelle che svolgono la maggior parte della propria attività con i loro soci, è indivisibile, vale a dire non può essere distribuita tra i soci, mentre nelle altre lo può essere), unitamente alla agevolazione fiscale sugli utili ad essa destinati prevista dall’art. 12 della Legge n° 904 del 1977 che esponiamo di seguito, è stata la forma di accumulazione di capitale che ha permesso alle cooperative di patrimonializzarsi e di crescere con costanza nel lungo periodo, come dimostrano tanti studi economici sull’economia cooperativa.

 

L’aumento dell’imposizione fiscale sugli utili delle cooperative, compresi quelli destinati a riserva legale, che esamineremo tra poco, ostacola, pertanto, la patrimonializzazione e la competitività di queste società.

L’altra norma fondamentale è quella contenuta nell’art. 12 della Legge n° 904 del 1977 che stabilisce: “non concorrono a formare il reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi, le somme destinate a riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento”. In altre parole, al fine di favorire l’autofinanziamento e la patrimonializzazione delle cooperative, la norma citata permette loro di non pagare l’IRES (l’Imposta sul Reddito delle Società) sulla parte di utili, anche la totalità, destinati a riserva indivisibile, purché lo statuto o l’atto costitutivo (se unico atto) vieti la distribuzione in qualsiasi forma di questa tra i soci, sia durante la vita dell’ente che in occasione della sua liquidazione derivante dallo scioglimento di esso.

 

La portata di questa norma è stata limitata, nell’ordine, dapprima dalla Legge Finanziaria per il 2005 (Legge n° 311 del 2004, ai commi da 460 a 464 dell’art. 1°) ed, oggi, dal Decreto Legge n° 138 del 2011 (convertito in Legge n° 148 del 2011, al comma 36°-bis dell’art. 2), in quanto queste leggi hanno stabilito che, per le cooperative a mutualità prevalente ed i loro consorzi ed anche se destinate a riserve indivisibili, concorra a formare il reddito imponibile IRES:


- la quota del 20% degli utili netti annuali delle cooperative agricole o della piccola pesca e dei loro consorzi (prima della Legge Finanziaria per il 2005 questa quota non esisteva);
- la quota del 65% (era il 55% nella Legge Finanziaria per il 2005. Prima era zero) degli utili netti annuali delle cooperative di consumo e dei loro consorzi; - la quota del 40% (era il 30% nella Legge Finanziaria per il 2005. Prima era zero) degli utili netti annuali delle altre cooperative e dei loro consorzi.

Le cooperative sociali ed i loro consorzi sono esclusi dall’applicazione di queste norme limitative dell’agevolazione di cui all’art. 12 della Legge 904/1977 in virtù della disposizione del comma 463 della Legge 311/2004. Fino all’esercizio 2011, inoltre, al 30% degli utili netti annuali che deve essere destinato da tutte le cooperative a riserva legale in base al 1° comma dell’art. 2545 – quater del Codice Civile si applicava sempre l’art. 12 della Legge 904/1977 per cui questa somma era completamente deducibile dal reddito imponibile IRES in base anche alla previsione del comma 1° dell’art. 6 della Legge n° 112 del 2002. Quest’ultima norma è stata riformata dal comma 36°-ter dell’art. 2 della Legge 148/2011 che stabilisce che la deduzione citata dal reddito imponibile “non si applica alla quota del 10% degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria” (o riserva legale).

 

Questa disposizione si applica, in particolare, anche alle cooperative sociali, non essendo prevista per esse una esenzione, come quella di cui abbiamo parlato poco fa ed ha come conseguenza che queste cooperative devono pagare l’IRES sul 10% degli utili netti (il resto, come detto sopra, continua ad essere esente). Per le altre cooperative, invece, tale norma non cambia nulla, in quanto, come abbiamo visto, esse devono pagare l’IRES su una quota degli utili netti annuali che è minimo del 20%. Inoltre, in virtù di questa innovazione legislativa, il comma 464 dell’art. 1° della Legge 311/2004 va oggi interpretato nel senso che, per le cooperative a mutualità non prevalente ed i loro consorzi, rientra nel reddito imponibile dell’IRES la quota del 80% degli utili netti annuali, a condizione che il 30% di essi sia destinato alla riserva indivisibile prevista dallo statuto o dall’atto costitutivo (se atto unico) della società (che può coincidere e di solito coincide con la riserva legale).

 

La conclusione di questo discorso è che, piano piano, si sta erodendo la capacità delle cooperative di autofinanziarsi e di patrimonializzarsi da sole, cioè reinvestendo i propri utili ricorrendo poco (e comunque meno delle atre tipologie di società) al credito bancario. Meglio sarebbe stato, a mio giudizio, introdurre una norma, destinata alle sole cooperative di produzione e lavoro (comprese le cooperative sociali di questo tipo), che le obbligasse a versare un ristorno, cioè una maggiorazione della retribuzione derivante dall’utile ante imposte della società, ai soci lavoratori, se poi vogliono accedere all’agevolazione di cui alla norma dell’art, 12 della Legge 904/1977. Per esempio: l’esenzione dall’IRES è pari al doppio del valore totale del ristorno versato. In tal modo, versando ai soci lavoratori il 33% dell’utile netto (cioè ante imposte) come maggiorazione retributiva (su cui i percettori pagano le tasse), la società cooerativa può conferire a riserva indivisibile non tassata il restante 66% dell’utile netto. Una norma di questo tipo sarebbe finalizzata alla soluzione del problema centrale della crisi economica attuale: come far crescere i redditi da lavoro per superare la stagnazione, anzi la recessione dei consumi interni.

 

Infine, a dire il vero questa avversione per l’autofinanziamento delle imprese da parte dei governi presieduti da Berlusconi (incomprensibile per un governo di destra che si proclama liberista ed amico delle imprese) non vale solo per le cooperative: nel 2002 il secondo di tali governi abrogò dall’oggi al domani la DIT – Dual Income Tax che era un sistema fiscale agevolato, introdotto dal Ministro Visco nella precedente legislatura di Centrosinistra, che consentiva di pagare meno tasse sugli utili reinvestiti nell’attività aziendale. I rimpianti delle imprese non fecero recedere Tremonti e il resto del Governo di allora, troppo contenti di cancellare l’opera dell’odiato predecessore.

 

Tratto da www.finansol.it
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