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Caso Penati: perché la corruzione fa così male alla sinistra?

12/09/2011

1. La corruzione politica e amministrativa designa un fenomeno preciso: uno scambio occulto tra un decisore pubblico e un soggetto (imprenditore) privato per il loro reciproco vantaggio. Il decisore pubblico mette in vendita le sue decisioni (in cambio di utilità private) e l’imprenditore le compra per il suo vantaggio. Tali decisioni divergono in tutto o in parte dall’interesse pubblico affidato al politico, e comunque forniscono di tale interesse pubblico un’interpretazione discrezionale tale da creare rendite a favore di certi privati ed a scapito di altri.
La parola “corruzione” contiene però un giudizio di condanna dello scambio occulto. Esso “aliena” la relazione di fiducia tra politico e cittadini, in base alla quale è legittimata l’autorità di prendere decisioni pubbliche, poiché sostituisce quella relazione fiduciaria con una relazione di fiducia privata con l’imprenditore, contraddittoria con la prima. E’ in base alla prima relazione fiduciaria che l’autorità può essere esercitata. Ma mettendo l’autorità al servizio di una relazione fiduciaria contraddittoria, il politico ne demolisce le basi. Egli “corrompe”, cioè danneggia, guasta, degrada l’autorità politica e amministrativa poiché distrugge le basi della sua legittimazione (la fiducia dei cittadini, appunto). Per questo la corruzione non può che essere un patto collusivo “nascosto”. Se fosse stretto alla luce del sole esso sarebbe inefficace , poiché la sua conoscenza comune distruggerebbe le condizioni grazie alle quali le parti hanno interesse a colludere, cioè poter sfruttare l’autorità (legittima) e piegarla ai loro interessi privati.

2. Ciò detto a proposito della sua natura generale, vi possono essere tipi diversi di corruzione. Primo tipo, ovvero la “corruzione da Prima Repubblica”: partiti e imprese sono mondi separati con finalità distinte. Essi però negoziano nel loro interesse reciproco (e dei loro dirigenti). La vendita delle decisioni pubbliche in cambio di benefici economici diventa sistematica e regolare, assicurando alle due parti benefici di lungo periodo. Di questa corruzione è accusato Filippo Penati come sindaco di Sesto S. Giovanni, così come lo erano stati molti politici della Prima Repubblica. Siccome di solito il personale politico della sinistra non proviene dal mondo del business, questo è il tipo di corruzione che tocca più spesso i suoi esponenti (anche se vi possono essere casi di corruzione di politici di sinistra che rientrano nel secondo tipo).
Il secondo tipo è quello Berlusconiano. Tra politici e affaristi si perde ogni distinzione significativa. I politici vengono dal mondo degli affari o delle professioni e verosimilmente intendono tornarvi, e nel periodo in cui esercitano il potere politico operano al servizio dei propri interessi economici esterni e degli interessi del gruppo economico o della coalizione d’affari con cui sono in contatto, da cui provengono, da cui hanno tratto benefici e intendono continuare a trarne anche in futuro. Se sono professionisti la cosa è ancora più facile: mentre ricoprono la carica, in base alla relazione fiduciaria con i cittadini, coltivano le relazioni fiduciarie con le imprese o i singoli con le quali erano già in contatto e che verosimilmente ne hanno sostenuto l’elezione. Questi politici non hanno finalità e identità distinte dai gruppi economici cui offrono le loro decisioni in cambio di utilità (non solo denaro ma altre opportunità d’affari ecc). Questa forma di corruzione lascia indizi evidenti, poiché il politico affarista è in conflitto di interessi potenziale con la carica pubblica che ricopre. L’esempio più plateale è Berlusconi, ma anche Bertolaso non è male come esemplare. La regina di tutte le corruzioni sarebbe stata la privatizzazione della Protezione Civile, che avrebbe portato fuori dalle regole e dai controlli del sistema degli appalti pubblici l’assegnazione dei lavori finanziati con fondi necessariamente pubblici della Protezione Civile. Un modo per legalizzare l’assegnazione dei lavori agli appartenenti al gruppo affaristico che aveva Bertolaso come referente politico, con relativa spartizione della rendita.

3. Benché, come detto, il secondo tipo sia più facilmente identificabile a partire dal segnale del conflitto di interessi potenziale, la prima forma di corruzione è più fragile, e quindi maggiore è il rischio per chi la pratica.
Infatti lo scambio illegale deve reggersi sulla fiducia reciproca tra le parti del patto occulto. L’accordo non può essere fatto valere dalla legge. Per questo deve ripetersi nel tempo, in modo che la prospettiva di vantaggi futuri mantenga l’omertà circa la corruzione passata. Oppure richiede l’intervento della mafia: essa ha un capitale di violenza privata che può essere messo a garanzia del rispetto dei patti corrotti.
Siccome nella corruzione di primo tipo i due lati dello scambio sono più estranei e hanno finalità distinte, e gli scambi tra loro sono circoscritti alle attività corrotte, la relazione di fiducia è meno stabile. E’ possibile che i loro interessi prima o poi divergano, e che una delle parti cerchi di uscirne a danno dell’altra. Questo è meno facile nella corruzione di secondo tipo, in cui il politico affarista e corrotto è parte organica del gruppo economico per conto del quale amministra le sue decisioni. Dell’Utri, Previti e Berlusconi non si tradiranno mai.
La maggiore vulnerabilità della prima forma di corruzione è invece sottolineata dal fatto che c’è sempre la possibilità di trasformarla nella favola dell’imprenditore concusso dal politico prepotente. Questa è sempre la tesi che l’imprenditore cercherà di accreditare quando rompe il patto corrotto. Il magistrato, per guadagnare la sua collaborazione e farlo “parlare”, potrà dimostrarsi proto a credere che si tratti di un reato di concussione, in cambio di informazioni su fatti che consentano di scavare più a fondo nelle indagini (e in fin dei conti è vero che l’aspetto più ripugnante della corruzione è quello del politico che tradisce la fiducia pubblica).
Inoltre sono sempre in agguato gli ideologi del neoliberismo, per sostenere la tesi che la politica, non gli affari, è responsabile della corruzione. Il loro scopo è ridurre quanto è possibile le funzioni dello Stato. Per curare la corruzione essi dunque proporranno di eliminare le scelte pubbliche che un politico potrebbe mettere in vendita. Niente scelte pubbliche da vendere, niente corruzione, solo mercato.
Dal punto di vista del cittadino la cura assomiglia molto a quel marito che per far dispetto alla moglie si fa castrare: niente decisioni pubbliche, niente welfare locale, niente pianificazione del territorio, niente salvaguardia ambientale e del patrimonio culturale, niente di niente. Ma sarà poi vero che questa ricetta ci mette al riparo dagli effetti della corruzione? Nient’affatto: laddove c’era scambio corrotto ora ci sarà collusione privata, che ignora comunque l’interesse pubblico che il politico avrebbe dovuto presidiare e che ora nessuno è più incaricato di custodire. Perché bisogna sempre ricordare che in certi casi mercati efficienti non esistono, ed avere decisioni private in quei casi non significa attivare meccanismi di concorrenza perfetta, ma semplicemente collusione tra soggetti privati nel loro reciproco interesse e con rilevanti effetti esterni negativi sui terzi.
Ecco quindi tre ragioni per cui la corruzione è particolarmente nociva per la sinistra. Il patto collusivo col politico di sinistra è fragile, e quindi oltre che immorale ed economicamente dannosa, la corruzione è anche autodistruttiva e perciò stupida. Secondariamente, vi è sempre possibilità che la sua responsabilità ricada interamente addosso al politico come mero abuso del potere, in modo quasi assolutorio per le controparti private (concussione), il che può essere utile per rompere il singolo patto collusivo, ma di certo non favorisce la comprensione del fenomeno e la messa in atto di politiche preventive (in effetti favorisce il passaggio dalla corruzione di primo tipo a quella di secondo tipo). Infine dà spago alle posizioni della destra, basate sull’illusoria soluzione neoliberista, che mentre non ci mette al riparo dai costi della corruzione, al contempo spinge a sacrificare gran parte delle finalità per cui la politica democratica è un’attività degna d’esser fatta (eguale considerazione e rispetto delle persone, imparzialità di trattamento e giustizia sociale, protezione dell’ambiente e dei beni comuni ecc.).

4. Vi è però una quarta ragione per cui la corruzione è massimamente nociva per la sinistra, e per ogni politica democratica che intenda, attraverso l’azione collettiva, produrre beni pubblici. Essa ha un gigantesco potere demoralizzante, poiché suggerisce che quella politica sia impossibile. Infatti, data la natura egoistica e auto interessata (diremmo carrierista e affaristica) delle motivazioni di coloro che fanno politica, se ne conclude che essi sono incapaci di promuovere e partecipare volontariamente all’azione collettiva. I comportamenti da “free rider” (cercare di avvantaggiarsi della cooperazione altrui senza fare la propria parte) prevalgono sul desiderio di partecipare alla produzione dei beni pubblici o comuni (cioè gli scopi dell’azione collettiva). Siffatto personale politico ha bisogno di forti incentivi selettivi di tipo privato e personale per partecipare. Per ottenerli, vende le decisioni pubbliche in cambio di benefici privati, che possono eventualmente essere estesi alla “corte dei miracoli” dei seguaci.
Il paradosso è che quanto maggiore è il ricorso agli incentivi personali e privati, attraverso la vendita di decisioni, tanto minore è il bene pubblico che si può generare con l’azione collettiva. Alla fine la ricerca di scambi privati permea ogni risvolto dell’azione del partito, e nessuno partecipa più o attribuisce alcun valore all’azione collettiva. Ne segue il cambiamento di natura dell’organizzazione politica, che diventa un comitato d’affari (qualcuno si ricorda la fine del PSI craxiano?).
Questa mutazione del ceto politico va insieme con la perdita di riferimenti ideali e culturali, e di sistemi di valore come efficaci meccanismi di identificazione e motivazione. Ciò che resta è il professionismo e la tecnica elettorale strumentale, capace di cacciare quote di elettorato. La trovata del “PD del Nord” come variante di sinistra della LegaNord fu un bell’esempio del pauroso sbandamento ideale e valoriale cui può andare incontro un partito di sinistra democratica per il quale ogni strategia elettorale sia buona pur di mantenere il controllo su un’amministrazione locale, mentre si diffonde il malcostume amministrativo volto a procacciare “incentivi selettivi privati”.

Tratto da www.nelmerito.com
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