La crisi pesa sulla ricchezza netta delle famiglie italiane, che diminuisce e risulta sempre più concentrata nelle mani di pochi: il 10 per cento più ricco ne detiene il 44 per cento, mentre la metà più povera arriva appena al 10 per cento. È quanto emerge dal supplemento al bollettino statistico di Bankitalia. Alla fine del 2008, rileva l’istituto, la ricchezza netta delle famiglie si è attestata a 8.284 miliardi, in calo dell'1,9 per cento rispetto all'anno precedente, a quota 348 mila per ogni nucleo. A prezzi costanti si tratta di un calo del 6,5 per cento (-3,5 per cento a prezzi correnti), tale da riportare il dato sui livelli di inizio decennio. La ricchezza netta pro-capite ammonta invece a circa 138 mila euro: a prezzi correnti è scesa del 2,6 per cento sul 2007, a prezzi costanti del 5,6 per cento.
Rispetto agli anni precedenti, si legge nel documento di via Nazionale, “la quota di ricchezza netta in attività reali è cresciuta, mentre quella detenuta in attività finanziarie ha subito una riduzione. La crescita della quota in passività finanziarie è stata lenta ma costante", sebbene il livello resti ancora piuttosto basso nel confronto internazionale". L'ammontare di passività delle famiglie italiane è infatti pari al 74 per cento contro il 100 per cento di Germania e Francia, il 130 per cento degli Stati Uniti, il 140 per cento del Canada e il 180 per cento del Regno Unito.
Tiene invece il risparmio, che nel periodo 1995-2008 ha contribuito alla crescita della ricchezza netta per circa il 60 per cento contro il 40 dei capital gain. Il risparmio, che negli ultimi anni si attesta attorno all'1 per cento della ricchezza netta, ha fornito un contributo alla crescita della stessa con una variabilità più ridotta di quella dei capital gain.