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Il banco malo spagnolo e le ipotesi italiane

Il banco malo spagnolo e le ipotesi italiane

08/04/2014

Inserita da FMI, Bce e Commissione Europea tra le condizioni necessarie ad accedere al prestito salva-banche che nel 2012 ha permesso al paese di riscattare Bankia, il “banco malo”, la bad bank spagnola è realtà dal 2012. “La Sareb, la società che gestisce il patrimonio del banco malo – racconta la giornalista Fatima Martin – ha incamerato 51 miliardi di titoli tossici, che vanno a computo del debito pubblico del paese”. 11 di questi 51 miliardi sono immobili invenduti o i cui proprietari risultano insolventi con i mutui e si è già scatenata la corsa ad accaparrarsi il ghiotto boccone. “Investitori stranieri sono in coda per capitalizzare Hispania Activos Inmobiliarios, la società che gestisce lo spacchettamento dei beni – continua Fatima Martin – tra di loro spicca il nome di George Soros, che già poco tempo fa aveva acquisito delle percentuali di Bankia, che il governo ha già rimesso sul mercato”.

La conclusione di Fatima Martin, dati emessi dal FMI alla mano, è che il banco malo non potrà mai rientrare degli investimenti e che si è trattato di una abnorme iniezione di denaro pubblico per salvare istituti privati. “E’ impossibile recuperare i 51 miliardi, soprattutto svendendo le case alle grandi società a prezzi così bassi – conclude Fatima Martin – quello che ora stanno facendo sono semplicemente affari”.

In Italia si guarda con interesse all’esempio spagnolo, nonostante i frutti nefasti che ha prodotto. Inoltre le condizioni di partenza sono piuttosto diverse. “Innanzitutto l’Italia ha un debito pubblico ben più alto della Spagna (130% del PIL contro il 93) e finanziare una simile operazione sarebbe impossibile – commenta Roberto Errico, tra i fondatori del Forum per una nuova finanza pubblica e sociale e collaboratore di Sbilanciamoci – hanno provato a caricare la cosa sulle spalle di Cassa Depositi e Prestiti, ma per il momento non ci sono risposte positive da parte della società”. A differenza i Madrid inoltre, Roma dovrebbe farsi carico di un pacchetto di titoli tossici ben più ingente, dai 100 ai 300 miliardi secondo alcune stime. “Infine bisogna notare come dietro la maggior parte dei titoli tossici nel nostro paese ci siano non più di 2000 persone – continua Errico – grandi debitori ricchi e potenti, con poco patrimonio immobiliare alle spalle, il chè significherebbe necessariamente un’importante esposizione pubblica.”

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Tratto da amisnet.org
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