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Google della bilancia tra Usa e Cina

17/03/2010

Con Shakespeare si dovrebbe dire tanto rumore per nulla, visto che contrariamente alle voce diffuse nei giorni scorsi Google non ha ancora eliminato la censura sul suo motore di ricerca, cosa che automaticamente provocherebbe una flagranza di reato per la legge cinese e quindi la sua “espulsione” virtuale e non dal paese.

In realtà dietro il nulla, qualcosa forse c’era e c’è, visto che le voci sono esplose al momento in cui il vecchio diplomatico americano, amico storico della Cina, Henry Kissinger arrivava a Pechino nel tentativo di rattoppare la confusa situazione bilaterale che presenta strappi su più fronti.

 

Per i sospettosissimi dietrologi di Pechino queste voci indicano un tentativo di interferenza, con la visita di Kissinger, con lo scopo evidentemente di evitare la ricucitura. Non è mistero infatti che dalle due parti del Pacifico c’è chi soffia sul fuoco, e non c’è fuoco che può brillare più forte di quello legato alla libertà e i diritti come è la vicenda di Google.

 

In realtà il presidente americano Barak Obama ha vinto il Nobel per la pace sul disarmo nucleare e ad aprile ospita una conferenza internazionale sulla vicenda. Tale conferenza perderebbe di senso se mancasse o fosse sottorappresentata la Cina, che certo oggi è solo 5°, 6° potenza nucleare per numero di testate, ma è il paese che potenzialmente potrebbe rappresentare tra qualche decennio una minaccia strategica, visto il grande motore economico che la spinge avanti.

 

Obama vorrebbe in America il presidente Hu Jintao, e nell’occasione ci potrebbe essere un vertice riconciliatore fra i due. Ma sulla vicenda la Cina si tiene ancora sulle sue. È altamente improbabile quindi che Google possa prendere decisioni in qualunque senso quantomeno prima che Pechino abbia deciso cosa fare sulla conferenza di Obama.

 

Infatti la questione di Google è oggi chiaramente politica, visto che l’azienda informatica ha avuto ufficiosamente la luce verde da Washington all’inizio dell’anno sul rendere pubblica la sua polemica con Pechino. Inoltre l’amministrazione ha poi ufficialmente sposato la causa con il discorso sulla libertà di Internet del segretario di stato Hillary Clinton il 21 gennaio.

 

È probabile quindi che Pechino stia trattando oggi su più fronti e potrebbe chiedere a Washington di mettere un tappo sulla vicenda Google se Hu o chi per lui andasse a Washington. Per Hu sarebbe una coltellata al fianco se accettasse l’invito di Obama e in America si trovasse assediato dalle polemiche su Google o sulla rivalutazione della moneta cinese, lo yuan.

 

D’altro canto, una volta dato fiato a queste polemiche per gli Usa è difficile farle rientrare. Qui la questione si avvita anche perché d’altro canto se la Cina boicottasse il vertice di Obama aprirebbe ulteriori cataratte di polemiche dall’America e dal mondo.

 

In questa situazione estremamente complicata Kissinger cerca di trovare nuovi equilibri con i suoi colleghi cinesi, ma è anche improbabile che almeno a brevissimo Google rovesci la barca.

Tratto da www.lastampa.it
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