La sanguinosa repressione delle rivolte in Libia e la timidezza della condanna del governo italiano ha portato nuova attenzione sul tema dei rapporti tra il governo di Gheddafi e l’Italia. Durante tutta la giornata di ieri, Al Jazeera ha intervallato le ultime notizie da Tripoli e Bengasi con un servizio che spiegava l’importanza per l’Italia degli accordi con la Libia, soprattutto per quel che riguarda le forniture energetiche e il controllo dell’immigrazione clandestina. I rapporti tra l’Italia e la Libia hanno anche un altro volto: quello delle numerose partecipazioni azionarie libiche nelle aziende italiane, che hanno garantito al regime di Gheddafi una notevole influenza in alcune tra le più grandi e prestigiose società. Queste partecipazioni vengono realizzate attraverso i cosiddetti fondi sovrani.
Cosa sono i fondi sovrani
I fondi sovrani sono società controllate direttamente dai governi, utilizzati per investire le risorse ricavate da surplus di bilancio o riserve di valute estere. Dato che la gran parte dei paesi occidentali è soffocata dal debito, questi fondi esistono soprattutto nei paesi esportatori di petrolio e quindi dotati di grandi liquidità, e tra questi c’è indubbiamente la Libia. Al mondo ci sono 55 fondi sovrani di investimento: rappresentano per grandezza la sesta entità finanziaria mondiale. Per anni sono stati visti con molta diffidenza, visto che molti di questi sono piuttosto restii a divulgare informazioni sulle proprie attività, nonché in mano a governi autoritari e poco controllabili. Inoltre, non sempre gli investimenti dei fondi sovrani hanno scopi puramente commerciali: dato che sono controllati dai governi, spesso vengono utilizzati per stringere o facilitare rapporti bilaterali, per avere un ritorno in termini di immagine o aumentare la propria influenza su mercati strategici. Da qualche anno, però, sono stati praticamente sdoganati: soprattutto in Italia, soprattutto grazie all’amicizia dei governi italiani – questo di Berlusconi ma anche quelli di centrosinistra – con il dittatore libico.
I fondi sovrani della Libia
La gran parte degli investimenti esteri della Libia viene effettuato attraverso due fondi e la banca centrale. Il primo fondo. Il primo è il fondo LAFICO, sigla che sta Libyan Foreign Investment Company. Il secondo è il fondo LIA (Libyan Investment Authority), costituito nel 2006 con capitali trasferiti dalla stessa LAFICO, da altri fondi minori e dagli introiti delle esportazioni petrolifere. Poi c’è la banca centrale. Tutti questi soggetti rispondono direttamente al governo libico e quindi a Gheddafi. Di seguito le più rilevanti tra le sue partecipazioni azionarie in Italia.
Unicredit
La Banca centrale libica detiene il 4,99 per cento di Unicredit, uno dei maggiori istituti di credito europei e mondiali. Lo statuto di Unicredit stabilisce che nessun socio può contare in assemblea per più del 5 per cento. Qualche mese fa l’allora amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, dovette lasciare l’incarico proprio in seguito ad alcune polemiche relative al ruolo della Libia nella banca: il fondo sovrano libico LIA, infatti, entrato in Unicredit nel 1997 con lo 0,56, aveva acquistato il 2,07 per cento del capitale. Una quota che aggiunta al 4,99 per cento detenuto dalla Banca centrale libica diventa un importante 7 per cento direttamente o indirettamente facente capo alla stessa persona, cioè Gheddafi. Si parla da mesi della possibilità che lo stesso fondo LIA arrivi al 4 per cento di Unicredit, portando la Libia a essere il primo azionista di Unicredit.
FIAT
Nel 1976 il fondo LAFICO ha acquistato il 9 per cento di FIAT, che a causa della crisi energetica aveva grossi problemi di bilancio, diventandone il secondo azionista dopo la famiglia Agnelli. Nel 1982 la partecipazione salì al 13 per cento. Nel 1986 il fondo LAFICO è uscito da FIAT, realizzando una plusvalenza di 2,6 miliardi di dollari. Nel 2000 il fondo LIA è tornato a investire in FIAT, acquistando il 2 per cento delle azioni della fabbrica automobilistica. Oggi la Libia possiede una quota di FIAT di poco inferiore al 2 per cento.
Finmeccanica
Nel 2009 Finmeccanica ha sottoscritto un memorandum d’intesa col governo libico per la cooperazione in un vasto numero di progetti in Libia, in Medio Oriente e in Africa. L’accordo prevede la creazione di una joint venture di cui faranno parte Finmeccanica e il fondo LAFICO. Da gennaio Il fondo LIA, invece, detiene il 2,01 per cento di Finmeccanica. La società italiana ha vinto diversi contratti d’appalto in Libia, tra cui uno del valore di 247 milioni di euro per la costruzione di una ferrovia.
Juventus
Nel 2002 il fondo LAFICO ha acquistato il 5,31 della società sportiva, corrispondente a circa 6,4 milioni di euro in azioni. Nel 2009 la partecipazione è salita al 7,5 per cento.
ENI
Il fondo LIA possiede l’1 per cento di ENI. L’accordo tra le parti concede al fondo LIA di arrivare al 10 per cento, cosa che consentirebbe al governo libico di diventare il secondo azionista dopo il governo italiano, visto che il ministero dell’Economia detiene una partecipazione azionaria pari al 30 per cento. ENI tra l’altro è titolare di molte commesse in Libia: ha costruito il gasdotto Greenstream, il più lungo gasdotto sottomarino mai realizzato nel Mediterraneo, che fa transitare otto miliardi di metri cubi di metano dalla Libia all’Italia, e oggi è impegnata – attraverso alcune controllate – anche nella costruzione di alcune autostrade. Negli ultimi dieci anni ENI ha investito in Libia 50 miliardi di dollari, e prevede di investirne altri 20 nel prossimo decennio.
Mediobanca
Il fondo libico LIA possiede azioni di Mediobanca per 500 milioni di dollari. Secondo un accordo preliminare stipulato a febbraio del 2009, il fondo prevede l’investimento libico in società italiane nei settori delle costruzioni e dell’industria farmaceutica. Secondo molti osservatori, l’investimento in Mediobanca permetterà al governo libico di investire con maggiore libertà nelle imprese italiane.
Olcese
Il fondo libico LIA possiede il 26 per cento di Olcese, un’azienda tessile. L’investimento fu il primo esperimento di partecipazione in un’azienda italiana da parte della Libia.
Retelit
È l’azienda di telecomunicazioni che nel 2008 ha vinto il bando per l’assegnazione delle frequenze WiMax in dieci regioni d’Italia. La Lybian Post Telecommunications Information Technology Company controlla il 14,798 per cento del gruppo e ne è primo azionista.