Essere madri è un percorso impervio; e lo è diventato ancora di più negli anni della crisi, che ha aggravato una situazione già strutturalmente e storicamente compromessa. E' quanto dimostrano i numeri del Rapporto 2012 di Save The Children Italia, dal titolo “Madri della crisi" (presentato e discusso a Roma, in un dibattito promosso da Save The Children con inGenere.it e Pari e dispare).
Nella prima fase della crisi, le donne sono state relativamente meno colpite degli uomini: l’aumento della disoccupazione ha interessato in misura maggiore gli occupati maschi. Nonostante a partire dal 2010 la crisi si sia inasprita, le ripercussioni reali sull’occupazione femminile sono state prese in considerazione solo in un secondo momento. Il fatto di porsi in maniera acritica e neutrale rispetto al genere porta a non percepire la crisi nella sua gravità. Continuando ad analizzare la crisi con un approccio “gender blind”, non si legge bene quel che sta accadendo sul mercato del lavoro: per esempio, non si vede che una parte della disoccupazione femminile tende a scomparire per una tendenza maggiore delle donne a uscire dal mercato del lavoro o ad accettare lavori part-time; inoltre, si continuano ad ignorare i maggiori costi, in termini di aumento di lavoro non pagato, connessi al taglio dei servizi.
E’ con l’innescarsi della crisi fiscale e delle politiche di austerity che le donne cominciano ad essere colpite più duramente, soprattutto se madri. Poiché le prime spese ad essere tagliate sono state quelle per i servizi, l’impatto di questi interventi ha avuto effetto soprattutto sulle donne, sia direttamente, colpendo l’occupazione femminile, più fortemente concentrata nei settori dei servizi pubblici, sia indirettamente, tagliando quella parte di spesa pubblica come gli asili, l’istruzione, l’assistenza agli anziani o i trasporti.
D’altra parte, è ben nota la specificità del sistema italiano di welfare rispetto a quello degli altri principali paesi europei. Nel 2009 la spesa per la protezione sociale destinata alle famiglie e ai minori dell’Italia, calcolata come percentuale sul Pil era del 1,4 rispetto a una valore medio europeo del 2,3% (Figura 1).