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La scomparsa dell'economista Luigi Spaventa

10/01/2013

La riscoperta della tradizione neoclassica da parte di un eretico

Studioso di Pietro Sraffa, prese gradualmente congedo dalle sue origini teoriche. Eletto alla fine degli anni Settanta come indipendente nelle liste del Pci, fu chiamato da Ciampi nel suo governo per poi scontrarsi elettoralmente con Berlusconi

L'economista Luigi Spaventa è morto domenica, a Roma, all'età di 78 anni. Docente di economia politica alla Sapienza, fu deputato della sinistra indipendente negli anni Settanta del Novecento, poi ministro del Bilancio del governo Ciampi, quindi presidente della Consob. Alle elezioni del 1994 gli toccò la sfida impossibile di fronteggiare Berlusconi nel collegio di Roma. La sconfitta, secca, rappresentò in un certo senso una prova generale per l'avvio di una nuova era della comunicazione politica: con Spaventa che provava a dire la sua sulla crisi del Sistema monetario europeo mentre Berlusconi gli rinfacciava di non aver mai vinto la coppa dei Campioni.
Di diverso rango furono le dispute alle quali Spaventa partecipò nel corso della sua vita di studioso. Durante gli anni Sessanta prese parte alla controversia sulle incoerenze della teoria neoclassica collocandosi sul fronte eretico degli sraffiani. Con essi condivise l'attacco alla tesi neoclassica secondo cui la distribuzione del reddito tra salari e profitti sarebbe il frutto di un equilibrio «naturale» del mercato, determinato essenzialmente dalle libere scelte di consumo, risparmio e lavoro degli individui e dalla scarsità delle risorse produttive esistenti. Per gli sraffiani quella tesi era basata su una misura contraddittoria del capitale e risultava quindi logicamente insostenibile. Per questo andava sostituita da una teoria alternativa di ispirazione classica e marxiana, che vedeva la distribuzione del reddito come una risultante del quadro istituzionale e politico, e in ultima istanza dei rapporti di forza tra le classi sociali.
Spaventa condivideva i termini di questa obiezione, ma la mera critica della teoria dominante non lo seduceva. A suo avviso, per dare un solido futuro al programma di ricerca di Sraffa bisognava concentrare gli sforzi sulla sua parte costruttiva, senza troppe pregiudiziali verso la vecchia teoria. Per esempio, Spaventa riteneva che si potesse integrare l'analisi sraffiana con gli spezzoni a suo dire salvabili della visione ortodossa, come ad esempio la teoria delle aspettative. Questo programma spurio tuttavia non convinse. Tra gli sraffiani prevaleva l'idea che far dipendere una teoria economica da una ipotesi sulle aspettative era un po' come tenerla su per i lacci delle scarpe. Spaventa prese atto, e anche per questo iniziò a distanziarsi.

continua

Tratto da www.ilmanifesto.it
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