L’Europa che rifiutiamo non è solo l’Europa dell’austerità, che calpesta uguaglianza, giustizia sociale, diritto al lavoro, dignità delle persone non ricche e potenti. E’ anche l’Europa-fortezza che in poco più di venticinque anni ha causato la morte, lungo le sue frontiere, di ben ventimila esseri umani in cerca di protezione, libertà, dignità: 2.352 vittime nel solo anno 2011 e ben 650, delle quali molte donne e bambini, nel solo Canale di Sicilia, in appena otto giorni, cioè fra l’ecatombe del 3 ottobre 2014 e quella dell’11 dello stesso mese.
L’Europa che rifiutiamo, insomma, è quella dei trattati di Maastricht e di Schengen, delle politiche di respingimento, dei lager per migranti e profughi, degli scellerati accordi bilaterali con paesi dell’altra sponda del Mediterraneo: anche con quelli che, come la Libia, non hanno leggi sull’asilo, praticano gravissime violazioni dei diritti umani, non hanno sottoscritto neppure la Convenzione di Ginevra del ’51.
E’ l’Europa di Dublino III, che impedisce i movimenti interni al territorio dell’Unione europea dei richiedenti asilo, conferendo agli Stati, invece che alle persone, la facoltà di decidere dove chiedere protezione e prevedendo perfino che essi possano essere trattenuti se c’è “pericolo di fuga”.
Ciò che ripudiamo è, in definitiva, il sistema dell’apartheid europeo, che esclude o discrimina una cifra vicina a 34 milioni di cosiddetti stranieri: la ventinovesima nazione dell’UE, come direbbe Etienne Balibar.
E’ nel contesto di questa Europa che può vivacchiare un paese come il nostro che è tuttora privo, anch’esso, di norme e politiche dell’asilo adeguate. Che non prevede alcun meccanismo automatico per l’acquisizione della nazionalità, neppure per i figli di genitori stranieri nati, cresciuti ed educati qui. Che, pur in un periodo di così grave crisi economica, disoccupazione, precarietà, tuttora conserva la norma assurda che subordina il permesso di soggiorno a un contratto di lavoro regolare.