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Il prezzo insostenibile dell’austerità

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In un articolo apparso sul Social Europe Journal[1] pochi giorni dopo aver ricevuto la rinnovata fiducia del Parlamento a seguito di una farsesca crisi di governo, il Presidente del Consiglio Enrico Letta, in veste di futuro Presidente di turno del Consiglio Europeo nel semestre italiano, ha sostanzialmente confermato che l’Italia proseguirà nella politica di austerità nel rispetto dei vincoli imposti dai Trattati.
Per cogliere la flebile ed incerta ripresa che attraversa l’Europa, sospinta per ora da quella statunitense che è però minacciata dal fallimento del governo federale, il governo italiano garantisce di impegnarsi nelle “riforme strutturali”, ma siccome queste hanno costi sociali insostenibili in periodi di crisi, Letta chiede all’Europa di impegnarsi a realizzare un sistema di assicurazioni/trasferimenti che ponga al riparo gli stati europei da shock macroeconomici asimmetrici. Tale sistema dovrebbe garantire politiche redistributive temporanee tra i paesi per incentivare i più deboli a realizzare quelle politiche di riforme strutturali che l’Europa chiede.
Ammesso anche che un sistema di flussi redistributivi sia accettato dai paesi forti, Germania in primis, esito di cui ci si permetta di dubitare soprattutto dopo le elezioni tedesche anche in presenza di una Große Koalition, più che di shock asimmetrici in Europa siamo in presenza di un progressivo e strutturale percorso di divergenza tra sistemi economici negli anni dell’euro, aggravato dal 2008 dalle politiche di austerità comuni imposte dai Trattati che hanno aggredito in modo simultaneo tutte le economie europee, alimentando così in Europa una generale e profonda depressione economica. Piuttosto che chiedere incentivi redistributivi per realizzare le riforme strutturali, i paesi periferici, come è l’Italia da anni, dovrebbero richiedere l’abbandono delle politiche di austerità da parte dei paesi centrali e la realizzazione di azioni di crescita della loro domanda interna al fine di riequilibrare gli squilibri commerciali.
Nel momento del suo insediamento, il governo Letta dichiarava che il suo successo lo avrebbe realizzato sul terreno europeo, perché è solo in ambito europeo che è possibile una uscita dalla crisi e l’avvio di una ripresa economica. Ora, dopo sei mesi di governo, Letta sembra ripiegare sulle riforme strutturali, che rimane il mantra delle politiche di austerità espansiva, con l’assicurazione che ciò avverrà nel rispetto della neutralità del bilancio pubblico, in altri termini bilancio in pareggio.

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