Apre i battenti oggi a Durban, in Sudafrica, la 17° Conferenza delle
Parti dell'Onu sul cambiamento climatico. Un appuntamento
significativo perchè alle porte del 2012, anno in cui termina il primo
periodo di impegni vincolanti definiti dal Protocollo di Kyoto, che
avrebbe dovuto portare ad una decisa riduzione delle emissioni di gas
climalteranti in atmosfera, soprattutto da parte dei Paesi
industrializzati. Un accordo però indebolito dalla mancanza di volontà
politica da parte dei Paesi membri, dall'ormai storico disimpegno
degli Stati Uniti e dalla crescita oramai inarrestabile dei Paesi
emergenti come la Cina, che non devono sottostare a limiti vincolanti
sulle emissioni.
Secondo il dipartimento dell'energia degli Stati Uniti le emissioni
globali di gas climalteranti nel 2010 hanno subito un aumento
inaspettato, +6%, nonostante la crisi economica, rispetto ai dati
2009. Una situazione che supera addirittura lo scenario peggiore
ipotizzato dall'IPCC, il Panel internazionale di esperti, solamente 4
anni fa.
E la situazione economica e finanziaria, con lo crisi dei debiti
sovrani, rischia di mettere definitivamente in un angolo ogni
possibilità di stanziamento di risorse economiche per sostenere la
riduzione delle emissioni e l'adattamento ai cambiamenti climatici.
Una cifra che a Cancun, all'ultima COP16, fu stimata attorno a 100
miliardi di dollari entro il 2020.
"Una cifra irrisoria" commenta Alberto Zoratti, dell'organizzazione
equosolidale FAIR presente a Durban all'interno della Rete
internazionale Climate Justice Now!, "che risulta essere meno di un
decimo di quello che i soli Stati Uniti hanno stanziato per salvare le
banche "too big to fail". Un disimpegno globale che sembra ancora una
volta ribadire come la finanza sia più importante dei destini di un
intero pianeta".
A Durban si discuterà di come rilanciare un secondo periodo di impegni
vincolanti sotto il Protocollo di Kyoto, un passo messo a rischio da
Paesi industrializzati ed alcune emergenti che vorrebbero al contrario
puntare sull'impegno volontario.
"E' necessario un accordo concreto e vincolante" continua Zoratti,
"perchè gli impatti del cambiamento climatico sono già evidenti e
colpiscono in primis le comunità più fragili. Le recenti inondazioni
in Thailandia, dovute a piogge monsoniche estreme, così come le
siccità devastanti che si stanno vivendo nel Corno d'Africa e in
alcune zone del Pacifico dimostrano come il tempo stia scadendo".
"Centinaia di milioni di piccoli produttori sono a rischio" conclude
Zoratti, "ed il paradosso è che gli impatti più pesanti verranno
subiti nelle zone più povere, come l'Africa Subsahariana. C'è quindi
bisogno di una forte mobilitazione delle coscienze, che parta dal
cambiamento di stili di vita verso modelli sostenibili, ma che parli
anche di una forte pressione sui Governi perchè assumano la questione
del cambiamento climatico come una priorità al pari della crisi
economica e finanziaria".
Fair sarà a Durban a seguire i negoziati della COP17 e le
mobilitazioni della società civile assieme a Legambiente, CGIL e
curerà in collaborazione con Altreconomia il blog Ri(e)voluzione
un riflettore acceso sui negoziati in
corso.