Sono giunti al quinto appuntamento ufficiale i negoziati per il TTIP, il trattato di libero scambio tra UE e USA. Dal 19 al 23 maggio in Virginia non si discute tanto l’eliminazione dei dazi doganali, già molto bassi tra Europa e Stati Uniti, quanto la ricerca di nuovi standard comuni in materia di sicurezza sul lavoro e sanità, oltre che una maggiore apertura dei rispettivi mercati ad investimenti stranieri, la possibilità di partecipare ad appalti pubblici e la definizione di regole comuni rispetto al diritto d’autore. Un compromesso al ribasso, giurano in molti.
“E’ uno dei fronti su cui è attaccato il cosiddetto modello sociale europeo – commenta Thomas Fazi, della rete Stop TTIP - abbattere le tutele a cittadini e lavoratori per eliminare i costi per le aziende, è il vero obiettivo dei negoziati.”
Secondo le stime ufficiali gli accordi dovrebbero produrre un disavanzo per i paesi dell’Unione Europea quantificabile in 120 miliardi di euro, grazie all’aumentare del volume di esportazioni. “Le esportazioni saranno a beneficio dei paesi più attrezzati per questo, Germania in testa e dei grandi gruppi che già detengono la quasi totalità delle esportazioni dell’Unione – sottolinea ancora Fazi – senza calcolare il calo delle esportazioni interne, previsto fino al 30%”.
Analisi confermata dai risultati dello studio promosso dall’Öfse, istituto di ricerca austriaco, che indica in un aumento della disoccupazione imputabile al riassetto dei mercati interni di fronte alla competizione con i prodotti a stelle e strisce e alle nuove regole, uno degli effetti più probabili. Intanto le trattative proseguono avvolte da uno spesso velo di discrezione, confermata dalla classificazione di segretezza degli atti imposta dalla Commissione Europea.