Per comprendere cosa potrà accadere nel corso del 2014 all’economia mondiale occorre partire da una considerazione squisitamente teorica: di questi tempi le teorie sopravvivono in una forma “volgare” e vengono utilizzate per giustificare politiche opposte a quelle per le quali erano state originariamente pensate. La versione volgare della teoria keynesiana della domanda effettiva a cui i politici fanno riferimento in tempi di recessione è la cosiddetta “stimulation doctrine”, secondo cui governi e banche centrali dovrebbero iniettare liquidità a favore degli istituti finanziari, stimolando la domanda aggregata e credendo di salvare in questo modo l’economia reale dalla disoccupazione. Molti economisti, persino alcuni tra quelli che si definiscono “keynesiani”, continuano a teorizzare su basi neoclassico-liberiste, assumendo “agenti rappresentativi”, teorizzando equilibri di lungo periodo in cui la domanda aggregata non conta, ipotizzando perfetta flessibilità dei salari e una sostituibilità tra capitale e lavoro garantita da un sistema di prezzi che riflette la scarsità relativa.
Se saranno queste le teorie che continueranno ad ispirare le politiche economiche anche nel 2014, l’esito prevedibile sarà un acuirsi dei problemi economici e sociali su scala mondiale.
Eppure gli insegnamenti di Kalecki e Keynes potrebbero ispirare scelte politiche ben più sagge. Loro ci avevano insegnato che non esiste alcuna analogia tra individuo e società, poiché vi è un flusso circolare tra spesa e reddito: un incremento della spesa genera, attraverso il moltiplicatore, un aumento del reddito e quindi un corrispondente aumento dei risparmi. Inoltre, in tempi di recessione aumenti di spesa generano aumenti di reddito grazie all’incremento della produzione, poiché sono le quantità, e non i prezzi, ad adeguarsi alla domanda autonoma. Ancora, i prezzi rispondono ai salari e la produzione alla domanda: prezzi e quantità si determinano separatamente. E più importante, i salari reali sono spontaneamente determinati dall’interazione tra il livello dei prezzi e i salari monetari: la contrattazione salariale può influenzare i salari nominali con effetti imprevedibili sul livello dei prezzi e quindi dei salari reali. Le scelte istituzionali fondate su questi principi potrebbero realmente migliorare la domanda interna, limitare i movimenti di capitale e riequilibrare le bilance commerciali.
Ma il contesto storico e politico in cui l’approccio Kalechi-Keynes si sviluppò è cambiato drasticamente con la globalizzazione, che ha generato il mito secondo cui la crescita dipende dalla domanda estera e la convinzione che la liberalizzazione dei movimenti di capitale favorirebbe l’integrazione commerciale.
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