Insight ha chiesto l'opinione di economisti e commentatori politici intorno al previsto cambiamento dello scenario politico in Italia. Hanno risposto Nicola Acocella, James K. Galbraith, Maurizio Franzini, Dean Baker, Bruno Amoroso, Sergio Cesaratto, Ruggero Paladini, Paola Brianti, John Weeks.
Il maggiore evento politico nella zona dell’euro all’inizio del 2012 è stata la chiara vittoria di François Hollande in Francia. Alla fine dell’anno un cambiamento analogo si prospetta in Italia, dove il Partito democratico è considerato vincente alle prossime elezioni generali di febbraio 2013. Si tratta dei due maggiori paesi dell’eurozona dopo la Germania. In un mondo normale, il fatto che due partiti di sinistra soppiantano i governi precedenti, il centro-destra di Sarkozy in Francia e il governo tecnocratico di Monti in Italia sarebbe il segnale di una svolta importante nella politica europea. Che si tratti di una svolta auspicabile è fuori discussione. Che effettivamente possa essere realizzato rimane una sfida ardua.
La recessione è il dato dominante con il PIL in riduzione nel 2012 (-0,5) e, secondo le previsioni (-0,2) nel 2013. Ma l’anomalia si spinge oltre: con la ripresa che dovrebbe partire dalla metà dell’anno prossimo, avremo nel quinquennio 2012-2017 una crescita media intorno all’1,1 per cento. Se consideriamo che nel quinquennio precedente (2007-2012), abbiamo assistito a una decrescita media prossima all’1 per cento, La triste conclusione è di un decennio perduto.
Ma l’euro non era nato per rafforzare la posizione dell’’Europa rispetto al resto del mondo? Si dirà che è intervenuta la crisi. Di dimensione globale. Questo è vero. Ma gli Stati Uniti dove la crisi è esplosa hanno fatto registrare due anni di recessione (2008-09) e quelli successivi con una crescita media del PIL leggermente superiore al 2 per cento, e un consolidamento (intorno al 2,3 per cento) nel prossimo quinquennio.
Se questo non è il fallimento della politica adottata nell’eurozona, bisognerà scovare un lessico apposito per descriverne gli esiti. (the dismail outcomes), segnati dalla disoccupazione crescente, dalle nuove povertà, da una generazione senza futuro.
Avendo menzionato il cambiamento politico avvenuto in Francia e prospettato in Italia, la domanda è se questi due paesi si rassegneranno alla deriva imposta da una politica sbagliata o se si porranno l’obiettivo di cambiarla. Il che comporta un confronto aperto con la Germania. Il futuro politico del centro sinistra in Italia – se le previsioni di successo si avvereranno – è legato al cambiamento di politica dell’eurozona. Senza un cambiamento significativo, il rischio di finire come i precedenti governi di sinistra dell’Europa mediterranea sono in agguato.
L’equivoco sta nell’alternativa che pone l’establishment politico-economico- mediatico, quando chiede una scelta di campo fra il mantenimento dell’euro o il suo abbandono. Uscire dall’euro è un’opzione che non può essere esorcizzata. Ma non rientra nelle opzioni dell’annunciato centro-sinistra italiano, guidato da Bersani, come non rientra nelle opzioni della presidenza di François Hollande. La scelta si pone in altri termini: continuare con la fallimentare politica basata sul binomio austerità-riforme strutturali di chiara connotazione antisociale, il cui risultato finale è la disgregazione dell’euro; o imporre a Berlino il cambiamento di questa politica con l’obiettivo di salvare l’euro dalla sua tendenza suicida.
Un compito indubbiamente difficile. Ma a cosa serve cambiare i governi, se non è possibile cambiare le politiche manifestamente sbagliate e autolesioniste dei governi precedenti?