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E’ molto triste accorgersi che nonostante le riflessioni che gli studiosi e gli operatori economici compiono per valutare l’impatto delle manovre di politica economica sull’economia reale, per suggerire possibili correzioni al fine di migliorarne gli effetti, i cosiddetti “policy makers” (principalmente, si può dire, i membri del governo) si rifiutano di entrare nel merito delle considerazioni svolte ed evitano di confrontarsi con la sostanza delle argomentazione addotte sia sul piano teorico sia su quello dell’evidenza empirica.
Ancor più deplorevole è però la possibilità, emersa con vera sorpresa in questi ultimi giorni, che alle critiche sollevate venga imputata addirittura la responsabilità della crescita del differenziale nei rendimenti dei titoli di stato italiani, e vengano formulati inviti a non fare rilievi critici sulle manovre del governo perché “dichiarazioni di questo tipo, come è avvenuto nei mesi scorsi, fanno aumentare lo spread e i tassi a carico non solo del debito ma anche delle imprese, e quindi invito a non fare danno alle imprese”.
Ma in che mondo stiamo precipitando? Un mondo che ricorda quello in cui non bisognava parlar troppo della mafia perché ciò costituiva pubblicità utile alla mafia, o quello in cui criticare la politica governativa costituiva fattispecie di reato in quanto azione antipatriottica o “antipartito”!

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Tratto da www.nelmerito.com
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