La «tana» del trader può essere molto diversa da come te la immagini. Per non parlare del trader, che può avere la faccia di Pasquale Torcolacci, nato e residente ad Urbania, sperduto paesino - è il caso di dirlo, poiché non v'è modo di arrivarci se non in autobus o auto - alle pendici della più famosa Urbino. Torcolacci ha 48 anni, una bella famiglia, fa ogni giorno 40 chilometri in bicicletta, è figlio degli ex proprietari del negozio di generi alimentari di Urbania, e da tre anni è pure segretario locale della Lega Nord. Quanto di più lontano, insomma, dal cliché del trader: giovane, in giacca e cravatta, possibilmente residente a Milano, con qualche master di economia al proprio attivo, libero, in carriera e per quanto riguarda l'ideologia politica certo spostato a destra, ma non proprio seguace del localismo leghista.
Invece il principale valore di Torcolacci è «la difesa delle proprie radici» e «della nostra cultura», e uno dei suoi motti preferiti è «prima gli italiani». In quanto agli studi di economia e finanza, siamo a zero carbonella. E' un analista tecnico che si è fatto da solo, completamente autodidatta.
Eppure in questi tempi di crisi economica e finanziaria, ora che le oscillazioni di Borsa coincidono paurosamente con le oscillazioni delle nostre vite, se si vuole vedere cosa fa un trader, e magari sentire pure cosa ne pensa del terremoto globale che ha come epicentro la finanza «creativa», è da Torcolacci che bisogna andare. Perché è uno dei più vecchi trader italiani, da vent'anni si destreggia nel sali e scendi dei titoli, ha iniziato ai tempi dei «borsini», che erano persone in carne e ossa impiegate dalle banche per ricevere le telefonate di chi voleva comprare o vendere un titolo.
Allora Torcolacci faceva l'agente di commercio, era rappresentante di una ditta di abbigliamento. Manco a dirlo che poi ha fatto carriera e si è messo in proprio. Ma intanto, a vent'anni, diplomato perito meccanico e deciso a non andare sotto padrone, girava tutta Italia in macchina, con un orecchio sempre teso alle notizie di borsa. E ad ogni città, invece di fermarsi per una pausa, correva in una banca a vedere l'andamento dei titoli. Quando tornava a casa, davanti a un piatto di pasta, accendeva il televideo e ricopiava i grafici finanziari sulla carta millimetrata fino a notte fonda. Insomma, quando si dice una passione.
I fondamentali del mestiere li ha imparati nell'82, iscrivendosi ai primi corsi di formazione di Programma Italia, cioè l'embrione del gruppo Mediolanum. Ma essenzialmente è un autodidatta, di fatto e soprattutto di testa, perché il suo credo è «volere è potere». La stanza di lavoro del «trader-proletario» - così ama definirsi - vede allineati i testi su cui si è formato: «Trading, l'approccio vincente», «Trading on line, giocare per vincere», «Investire al momento giusto», e via di questo passo.
A proposito della stanza. Quando lo andiamo a trovare, in uno dei tanti giorni «neri» del mercato, ci accoglie esclamando «questo è il mio paradiso». Onestamente, ci saremmo aspettati qualcosa di meglio: Torcolacci ha scelto di vivere in una modesta villetta a schiera, di cui occupa solo il piano terra. Il suo «lusso» è rappresentato dal fatto di occupare la stanza che dà sul giardino. Una stanza in cui è vietato l'ingresso agli altri membri della famiglia.
Si inizia alle 8,30 e si chiude alle 18, insieme ai mercati italiani. La postazione di lavoro fa impressione: i monitor sono sei, sette con la televisione. I primi due mostrano l'andamento dei vari titoli del mercato italiano, la seconda coppia è occupata dalla piattaforma che Torcolacci usa per vendere e comprare, gli ultimi due sono dedicati alle valute e al mercato obbligazionario. La tv è perennemente accesa e sintonizzata sul canale Class. «Stamattina siamo un po' in discesa», dice Torcolacci in apertura di «dimostrazione». Sai che novità, siamo in discesa da mesi. Ma la memoria storica del trader guarda più lontano: «Basta osservare i grafici per capire che il mercato finanziario anticipa la crisi economica di almeno sei mesi - spiega Torcolacci - Se si sanno interpretare gli andamenti del mercato non ci vuole molto a capire quando arriva il terremoto». Che mostra grafici in evidente discesa a partire da fine 2007, con largo anticipo sull'esplosione della bolla dei subprime americani, e allo stesso modo un mercato in depressione almeno a partire dalla dalla fine del 2010, cioè qualche tempo prima dell'avvio dell'annus horribilis 2011 per l'economia mondiale. E allora? «Mi viene da pensare che non c'è miglior sordo di chi non vuol sentire».
Della serie, se non sai che cura fare, finisci per far finta di non vedere la malattia.
Forse sarebbe il caso di imparare qualcosa di più dai trader, visto che siamo costretti a vivere in un mondo finanziarizzato. I quali non possono permettersi né di non vedere, né di non sentire. Anzi, è proprio sulla capacità di «interpretare i segni» e «speculare» - nel senso letterale del termine, cioè prevedere - che costruiscono la loro fortuna.
E di fortuna si tratta. Quanto guadagna Torcolacci? Nella sua stanzetta su giardino e con i suoi sei monitor, Torcolacci riesce a garantirsi una vita più che agiata. Gioca solo soldi suoi, e il suo portafoglio ogni sera è «flat», cioè vuoto, perché gli piace dormire sonni traquilli. Dopo un'esperienza a Milano, Roma, Rimini come relatore con Intesatrade - allora del Gruppo Intesa San Paolo - Torcolacci ha scelto un altro stile di vita: casa, famiglia, amici, aria buona. E soldi, ça va sans dire, anche se senza esagerare (si fa per dire): «Quando tocco i 500 euro, per me la giornata è guadagnata. Se si può, si va più su. Altrimenti si chiude. Movimento tra i 2 e i 3 milioni di euro al giorno. Bisogna conoscere i propri limiti. Io sarei a disagio a scommettere di più Ho imparato quando fermarmi, ed è per questo che sono ancora qui». Nella giornata che abbiamo passato insieme ha incassato «solo» 300 - causa intervista molesta - scommettendo su Banca Popolare di Milano e Ansaldo Sts. Quest'ultimo titolo è uno dei preferiti di Torcolacci ultimamente, memore dei buoni ricavi guadagnati da una delle poche, recenti impennate del mercato avvenuta a metà settembre sulla scorta della notizia che Finmeccanica cederà la Ansaldo Sts alla General Electric.
Torcolacci aveva applicato la regola aurea del trading: buy on rumors, sell on news. Cioè compra sulle indiscrezioni e vendi sulla notizia. Regola, però, che vale quando il mercato «tira», e tutto funziona come nei manuali di economia, che descrivono la crescita come stato naturale. Adesso, che in Europa quasi quasi non cresce più neanche l'osannata Germania, vale piuttosto il contrario. E quando si comincia a vendere sulle indiscrezioni e a comprare solo sulle notizie, siamo al si salvi chi può. E' il mercato ribassista, ormai una normalità.
Ma i trader, grandi e piccoli, stanno perdendo soldi? Questa crisi che brucia posti di lavoro e impone misure draconiane ai paesi, preoccupa e in qualche modo cambia la vita a chi lavora con la finanza? Risposta: «No. Bisogna soltanto cambiare il proprio modo di operare. Io, per esempio, psicologicamente sono più portato a lavorare al rialzo. Il ribasso non mi piace, mi deprime, ma ciò non comporta perdite se sei bravo a seguire il mercato. Bisogna capire cosa fanno gli altri, perché lo stanno facendo, e agire di conseguenza».
Torcolacci è fermamente convinto che il mercato tenda all'equilibrio, e sia in grado di regolamentarsi da solo. Ma la domanda sorge spontanea, davanti ai miliardi bruciati ogni giorno dalle Borse: quale sarebbe l'«impaccio» che impedisce al mercato di andare bene? Soltanto le economie ferme a causa della cattiva politica? O magari la colpa è anche della finanziarizzazione, che ha creato dei mercati gonfiati? Quanto hanno rovinato l'economia gli hedge fund, i derivati, le vendite allo scoperto? Discorsi che Torcolacci liquida come «semplicistici». «La finanza è stato sempre un supporto per l'economia - dice lui - criminalizzarla è sciocco e controproducente. In quanto a strumenti finanziari come i derivati o le vendite allo scoperto penso anche io che, come esistono i limiti di velocità in autostrada, così dovrebbero esserci delle regole di trasparenza nella finanza. Ma basterebbe iniziare con il divieto di vendere e comprare azioni e derivati nelle borse non regolamentate, le cosiddette over the counter». E non solo, dice il "vecchio" trader: «Sarebbe anche necessario aumentare la quantità di denaro che è necessario mettere a garanzia quando si comprano titoli relativi a materie prime come oro, petrolio, rame. Oppure alimentari, come mais, grano. Succede - prosegue Torcolacci - che ci sia chi compra titoli come questi avendo pochissimo denaro reale a disposizione».
Per la verità per Torcolacci l'utilizzo indiscriminato di questi strumenti è quasi già storia. Un oscuro e più potente «nemico» si annida nelle pieghe della «buona finanza». Sono i «software neurali»: algoritmi avanzatissimi che cercano di riprodurre il funzionamento del sistema nervoso centrale dell'uomo, e che ora vengono utilizzati al posto dei trader. Per Torcolacci sono come fumo negli occhi: «Ormai le società di intermediazione non cercano più bravi trader - racconta - ma bravi ingegneri informatici per creare software sempre più sofisticati, studiati per giocare in borsa. Sono pensati per eliminare la componente emotiva del trader, che ha sempre difficoltà, quando opera in borsa, a accettare anche solo una piccola perdita». Beh, sembra qualcosa di positivo. «Neanche per idea - assicura Torcolacci - dovrebbero essere vietati. Agiscono creando turbative di mercato, muovono volumi di capitali in modo da mettere sulla cattiva strada il concorrente. Ti mettono paura, ti fanno credere che un titolo sta per crollare. Oggi più di ieri il trader deve avere sangue freddo, capire chi c'è dall'altra parte quando vede strani movimenti, se un essere umano o una macchina. E non farsi fregare».
Intanto, se una cosa di buono nella crisi c'è, è che si sta cominciando a parlare di regole, dopo dieci anni di sbornia da deregulation. Per esempio, la tassa sulle transazioni finanziarie «Inutile, e pure ingiusta - taglia corto Torcolacci - Io le tasse già le pago». Anzi, si dice addirittura d'accordo con l'aumento della tassazione dal 12,5% al 20% delle rendite finanziarie, decisa con l'ultima manovra di Tremonti.
E proprio sulla manovra approvata dal parlamento, la «speculazione» del trader è al ribasso: «Forse qualcuno non ha capito che siamo al punto di non ritorno. Con un interesse sul debito al 6% e uno spread sui bund tedeschi di 400 punti l'unica speranza di uscirne vivi è varare una manovra da 300-400 miliardi, non da 46».