Di solito quando si discute di progetti di riforma fiscale nel nostro Paese lo si fa guardando esclusivamente alle aliquote, alle detrazioni e alla distribuzione del carico fiscale. Scarsa o nulla attenzione viene dedicata all’amministrazione dei tributi e alla gestione del rapporto tra fisco e contribuente se non in una logica propagandistica che si nutre spesso di slogan generici. Manca, cioè, una riflessione organica che, superando i condivisi (e quindi retorici) concetti di amministrazione “efficiente” e di “fisco amico del contribuente”, sia in grado di dare ad essi un significato concreto e di contestualizzarli in un progetto di riforma. Il documento del Nens, sulla base di alcune proposte già in parte discusse qui , tenta di esplorare una strada alternativa, proponendo una radicale innovazione nelle procedure di gestione dei dati e delle dichiarazioni.
La proposta di Nens
Il punto di partenza è la necessità e la possibilità di ridurre l’evasione, attraverso un rafforzamento degli strumenti conoscitivi e delle banche dati, in particolare quelli relativi ai saldi finanziari dei contribuenti. Al di là del merito delle singole informazioni che affluiscono al sistema informativo, l’idea più innovativa sta nella proposta di un “una procedura (prevalentemente informatica) capace di selezionare adeguatamente i contribuenti e guidare l’amministrazione nella interlocuzione con essi”. Dalla lettura del documento si evince che, durante questa procedura, si immagina l’invio di una sorta di dichiarazione provvisoria da parte del contribuente a seguito della quale l’amministrazione potrebbe eventualmente inviare al contribuente, sulla base delle informazioni disponibili nella banche dati una “segnalazione” circa la non credibilità di questa dichiarazione provvisoria. Il contribuente avrebbe a disposizione un termine ulteriore per rivedere la sua dichiarazione provvisoria e renderla giuridicamente vincolante. Si tratterebbe, quindi, di estendere le esperienze già adottate in specifici ambiti e con un certo successo, ad esempio l’invio delle lettere ai contribuenti assoggettati agli studi di settore che risultavano non in linea con indicatori specifici di gestione del magazzino e a cui veniva quindi suggerito bonariamente di porre rimedio a queste incongruenze con la dichiarazione successiva. Qualcosa di simile era stato immaginato nella relazione finale della Commissione Rey secondo cui “nulla impedisce di adottare tecniche di analisi dei dati per fornire un primo giudizio statistico tempestivo sulla qualità delle dichiarazioni ricevute operando un’analisi micro – meso – macro ed inserendo quindi una fase di revisione delle dichiarazioni che elimini, d’intesa con il contribuente, errori involontari e/o di informazioni errate, lasciando quindi all’eventuale fase di accertamento l’indagine approfondita sulla dichiarazione”.
In sintesi, si tratta di passare da un’amministrazione passiva che lavora in una logica “formalistico-burocratica” ad un’amministrazione attiva, che sfrutta le tecnologie informatiche per recuperare quel rapporto individuale con il contribuente che è il tallone d’Achille della fiscalità di massa. Questo tipo di proposte prefigurano un cambiamento che non si limita agli aspetti amministrativi, ma investe anche il disegno del sistema fiscale. Nel documento del Nens si accenna alla possibilità che la funzione degli stessi studi di settore sia rivista in questo senso, in quanto gli studi diventerebbero innanzitutto una fonte statistica da utilizzare congiuntamente con le altre per arrivare al giudizio di plausibilità, e la loro funzione di strumento di accertamento diventerebbe secondaria e conseguente. Ci si potrebbe spingere oltre, e pensare di applicare questa logica anche ai sistemi di tassazione delle attività economiche di minore rilievo nella logica già esposta su nel merito. La proposta è quindi ambiziosa e merita di essere approfondita. Due sono i problemi che inizialmente vanno affrontati: la praticabilità di questa proposta e il ruolo della discrezionalità procedurale.
Obiezioni e problemi
Nell’attuale contesto, l’Amministrazione si pone l’obiettivo di massimizzare il gettito in tutte le fasi del procedimento e gli incentivi sono disegnati di conseguenza: i premi sono attribuiti in ragione dell’evasione contestata al contribuente ovvero agli accertamenti. Nella prospettiva della proposta Nens, l’Amministrazione dovrebbe essere incentivata ad impiegare le proprie risorse umane e tecnologiche per aumentare la qualità del dato dichiarato e ridurre la conflittualità. Gli incentivi andrebbero conseguentemente trasformati e definiti in termini qualitativi, di soddisfazione del contribuente, di incremento nel tempo della qualità dei dati dichiarati. Si tratta, più in generale, di un cambiamento culturale richiesto all’amministrazione, ma anche ai contribuenti, che dovrebbero conseguentemente imparare a fidarsi della stessa amministrazione. Evidentemente non si tratta di qualcosa di conseguibile in tempi brevi e senza un congruo periodo di adattamento. Durante questo periodo l’Amministrazione va dotata delle risorse umane, finanziarie e tecnologiche necessarie e i risultati conseguiti andrebbero monitorati nel continuo.
La seconda obiezione concerne l’eccessivo ruolo che assumerebbe la discrezionalità del rapporto diretto tra singolo funzionario e singolo contribuente, con conseguenti potenziali rischi di inquinamento di questo rapporto e financo di corruzione. Su questo punto è bene essere chiari. Nell’effettiva gestione del contenzioso oggi vi sono già numerosi spazi per la trattativa tra il funzionario e il contribuente. Basti pensare all’accertamento con adesione dove al contribuente viene offerto uno sconto estremamente variabile e sostanzialmente discrezionale, seppure entro certi limiti. Questo avviene con una trasparenza che è retorico definire scarsa e con risultati di dubbia efficienza ed equità. Una procedura come quella descritta in precedenza potrebbe essere più trasparente perché gestita attraverso software di elaborazione delle informazioni disponibili. In pratica, la “segnalazione di implausibilità” della dichiarazione provvisoria potrebbe derivare da un uso congiunto delle banche dati che ne forniscano anche l’entità, le cause, e i limiti. A questo punto, non dovrebbe essere difficile implementare dei meccanismi di audit di questa procedura, costruendo degli indicatori di rischio relativi a singoli uffici e financo a singoli funzionari.
Conclusioni
L’obiettivo di fondo della proposta, e di altre simili che sono state formulate o si potrebbero formulare, è quello di adeguare le difese del sistema fiscale all’evasione di massa. Per quante campagne di controlli straordinari si possano fare o annunciare, il nostro rimane un sistema produttivo e fiscale caratterizzato da una straordinaria frammentarietà e da formidabili “opportunità di evasione”. Nessuna amministrazione può ridurre a livelli fisiologici l’utilizzo di queste opportunità solamente con la minaccia degli accertamenti o con le sanzioni, per quanto elevate esse siano. I disincentivi all’evasione vanno posti a monte del processo di dichiarazione dei redditi e possono essere di diversi tipi: normativi, etico-morali ma anche, o forse soprattutto, organizzativi. Una recente letteratura basata su “esperimenti di campo” (random field experiments) evidenzia come la riorganizzazione delle amministrazioni finalizzata al massimo utilizzo delle informazioni disponibili sia potenzialmente più efficace rispetto al richiamo a principi etico-morali. Le informazioni oggi disponibili alla nostra Amministrazione finanziaria sono di portata e precisione tale da consentire di immaginare un vero e proprio salto di qualità nelle procedure e nella gestione del rapporto con il contribuente.