Pochi giorni fa il governo ha dato il via libera alla manovra finanziaria per il prossimo triennio. È particolarmente pesante (24-25 miliardi di euro), ma necessaria a causa dell’alto debito pubblico che il nostro paese ha sulle spalle.
La manovra riguarda molte componenti del settore pubblico: dal congelamento degli stipendi per i dipendenti della Pa, alla chiusura di enti definiti inutili, al blocco del turn over, all’introduzione di nuovi pedaggi autostradali e così via. È possibile recuperare altre risorse per abbattere il nostro debito o evitare tagli eccessivi? Sembrerebbe difficile, ma una possibilità c’è e viene da una risorsa molto particolare: lo spettro delle frequenze radio, un bene di proprietà pubblica oggi concesso (quasi) gratuitamente a usi privati. Lo spettro ha un elevato valore e potrebbe altresì dare un impulso alla crescita della nostra economia.
LO SPETTRO DELLE OPPORTUNITÀ
È ormai un decennio che il nostro paese ha una crescita tra le più basse in Europa. Per dare un impulso alla crescita economica bisogna creare valore, offrire opportunità e possibilità di sperimentare e lanciare nuove idee e servizi. Un piccolo esempio per tutti. Un imprenditore nella zona est di Londra si è aggiudicato, dopo un’apposita gara pubblica effettuata nel maggio 2006, alcune frequenze in un’area ristretta della città per offrire un servizio destinato a utenti prevalentemente bengalesi. La società, denominata MCom, ha avuto successo e ha deciso in seguito di espandersi acquistando ulteriori blocchi di frequenze e cominciando a impensierire i giganti delle telecomunicazioni inglesi. Come è possibile promuovere esperienze di questo tipo? Come è possibile, soprattutto in un momento di crisi economica come quello che stiamo vivendo, creare nuove opportunità di mercato? Una soluzione è fare in modo che risorse importanti, come lo spettro, arrivino a servizi che la collettività richiede, ritiene utili e per le quali è pertanto disposta a pagare.
La transizione dalla tecnologia analogica a quella digitale della televisione terrestre costringe tutti i cittadini a cambiare decoder e antenne, ma consente di moltiplicare per sei il numero di programmi. Tutti i paesi del mondo utilizzano la moltiplicazione di risorse per mettere all’asta le frequenze liberate e destinarle alle telecomunicazioni mobili (“banda larga mobile”). La razionalizzazione dello spettro ha due effetti positivi (da qui il nome di dividendo digitale): uno per le casse statali che incassano il ricavato dell’asta e l’altro per il mercato che assegna fattori di produzione strategici (le frequenze) allo sviluppo di una nuova economia della rete.
Un recente studio di Thomas Hazlett e Roberto Munoz mostra che l’allocazione dello spettro ai servizi mobili in Gran Bretagna ha generato un beneficio sociale pari a circa 40 miliardi di euro, che si aggiungono ai 34 miliardi ottenuti dalla vendita dei diritti su 140 Mhz di spettro. (1) Negli Stati Uniti gli autori mostrano che l’allocazione alla telefonia mobile di circa 60 MHz di spettro porta a un aumento del benessere collettivo quantificabile in 8,8 miliardi di euro annui, grazie alla riduzione dei prezzi dei servizi mobili di circa l’8 per cento all’anno. Insomma, quando si riesce a fare pervenire lo spettro nelle mani di operatori che sanno come utilizzarlo, si ottengono benefici collettivi per i cittadini, risparmi per le tasche dei consumatori e in diversi casi incassi per lo Stato.
UN “TESORETTO” REGALATO
Tutti i paesi del mondo lo fanno o lo faranno, ma non l’Italia. Nel nostro paese le frequenze televisive sono state progressivamente occupate dalle emittenti nazionali e locali in modo caotico e incontrollato. Alcune sono state prese abusivamente, altre sono state vendute e comperate senza che il venditore le avesse mai acquistate dallo Stato e in assenza di un Catasto delle frequenze (realizzato solo nel 2007). Il canone d’uso, per chi lo paga, è pari all’1 per cento del fatturato. Molti però non pagano nulla, anzi ricevono finanziamenti per il solo fatto di trasmettere qualcosa su frequenze pubbliche.
Non solo, all’Agcom, che ha recentemente pianificato tredici reti digitali in ogni regione per le emittenti locali, queste ultime hanno risposto di avere diritto (gratuito) a tutte le frequenze non utilizzate dall’emittenza nazionale. Si tratta di una richiesta che ha solo l’obiettivo di occupare una risorsa pubblica preziosa, nella speranza di venderla in futuro agli operatori di telecomunicazioni. E ha tutte le caratteristiche di una soluzione “loose-loose”: da un lato, infatti, provoca un aumento dell’interferenza e una riduzione della qualità delle immagini per tutti, dall’altro rende impossibile la generazione di un dividendo digitale per fornire servizi televisivi che in qualche caso contribuiscono al pluralismo ma che, molto più spesso, ritrasmettono lo stesso programma in modo differito o si occupano di televendite. Quale è il valore sociale di questi servizi? Scarso, per non dire nullo.
Eppure queste frequenze rappresentano un vero “tesoretto” che non farebbe male alle tasche del nostro paese. Nella valutazione ci è di aiuto l’asta che si è conclusa a maggio in Germania per le stesse frequenze. (2) La Germania ha incassato 4,4 miliardi di euro, la maggior parte dalla vendita di 60 MHz (cinque blocchi da 2*5MHz) di spettro, in precedenza televisivo, ad alcuni operatori telefonici che hanno offerto di più. Tenendo conto della differenza tra popolazione e superficie dell’Italia e della Germania, una valutazione (molto) prudente suggerisce un valore di 40 milioni di euro per MHz in Italia. E dunque, lo spettro riservato dall’Autorità (e regalato) alle emittenti nazionali e locali vale circa 12 miliardi di euro. Se, come ha fatto la Germania e faranno anche molti altri paesi dell’Unione Europea, Francia e Gran Bretagna per esempio, solo un terzo di questo spettro venisse usato per la telefonia mobile, il governo potrebbe incassare valori intorno a 4 miliardi di euro. Che non ci sembra poco dato il momento che il nostro paese sta passando.
L'ennesima opportunità per fare un’operazione utile l’abbiamo avuta e persa. Come ricordato anche dall’ex ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, il governo invece sembra più interessato a rallentare l’entrata di Sky nella televisione digitale, che quantomeno avrebbe l’effetto di aumentare la scarsa concorrenza che c’è nel settore. (3)
Ad aggravare la situazione si osservi che l’Italia, insieme alla Grecia, ha un altro primato: siamo gli unici paesi che hanno di fatto impedito l'entrata della tv via cavo, che poi si è dimostrata un concorrente agguerrito per la banda larga in tutto il mondo, visto che può offrire contemporaneamente anche servizi di telefonia a banda larga in aggiunta a quelli televisivi. Per proteggere e congelare la struttura del mercato televisivo abbiamo così fatto scelte che hanno influenzato, in peggio, una larghissima fetta del mondo delle comunicazioni elettroniche. E continuiamo a farle.
(1) Hazlett T. e R. Munoz (2009), “A welfare analysis of spectrum allocation policies”, RAND Journal of Economics, 40(3), 424-454.
(2)http://www2.bundesnetzagentur.de/frequenzversteigerung2010/ergebnisse.html
(3) “Il tesoro sprecato delle frequenze”, Il Sole 24Ore, 23 maggio 2010.