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Pensioni private, perdite pubbliche: la crisi, i giornalisti e gli aiuti di Stato

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L’esigenza dei giornalisti italiani di migliorare la loro credibilità nei confronti dei lettori rischia di scivolare su un «inciucio» con i politici.

Il governo Berlusconi ha inserito nel decreto anti-crisi un emendamento che punta a consentire all’istituto previdenziale privatizzato dei giornalisti (Inpgi) di poter continuare a elargire pensioni più ricche rispetto a quelle dell’ente pubblico Inps, spostando sui contribuenti una spesa di 10 milioni di euro all’anno.

In pratica i lettori potrebbero individuarci l’ennesima applicazione del principio per cui, in Italia, alcune categorie privilegiate si assumono i rischi quando c’è da guadagnare e li scaricano sullo Stato quando arrivano le perdite. Ma, soprattutto, potrebbero constatare di non essere stati adeguatamente informati su questa concessione che - fino al momento di chiudere questa rubrica - sembra fuori dai riflettori.

Il punto di partenza di questa vicenda è la battaglia combattuta negli anni Novanta dalla corporazione dei giornalisti contrattualmente e previdenzialmente più tutelati (si stima siano solo un terzo del totale utilizzato dai media) e da quella dei dirigenti delle aziende per privatizzare i loro enti previdenziali autonomi, I n p g i e Inpdai, in modo da non subire le riforme con tagli sulle pensioni pubbliche. L’obiettivo fu conseguito accettando i rischi del passaggio nel privato, quindi anche eventuali svantaggi come l’addio al sostegno e alla garanzia dello Stato sul conto economico futuro.

Ma, appena l’Inpdai privatizzato saltò, la Confindustria (allora presieduta da Antonio D’Amato) ottenne un silenzioso salvataggio delle rendite dei manager a spese dell’Inps. I giornalisti iscritti all’Inpgi, invece, hanno continuato a maturare le loro «pensioni d’oro». Finché è arrivata la supercrisi economica che annuncia un 2009 in recessione. Molti editori non intendono affrontare i tempi duri con investimenti per il rilancio e pensano a tagli nelle redazioni. Per legge l’Inpgi, privatizzato, dovrebbe farsi carico di numerosi possibili prepensionamenti e rischia di dover ridurre le rendite, se non il tracollo.

I vertici dell’Inpgi lo ritengono ingiusto e hanno chiesto aiuto ai politici, sensibilizzando il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, ex caporedattore e vicedirettore di giornali.

Il deputato Rocco Girlanda del Pdl ha presentato un emendamento da inserire nel decreto anti-crisi, che è stato riformulato per spostare sullo Stato l’onere per i prepensionamenti a carico dell’Inpgi fino a 10 milioni l’anno e limitatamente ai quotidiani. I sindacati di editori e giornalisti vorrebbero l'estensione anche ai periodici. Ma non è chiaro come la pensino i contribuenti-lettori.

(Articolo pubblicato su CorrierEconomia del 19-01-2009)

Tratto da corrierEconomia
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