Il 12 e 13 marzo Jersey è stata “invasa” da un nutrito drappello di Ong di mezza Europa. Rappresentanti di realtà di rilievo come Oxfam, Action Aid, Friends of the Earth, Attac e dell'italiana CRBM, tra le altre, per denunciare le ingiustizie perpetrate dai paradisi fiscali hanno voluto cominciare con questa deliziosa isola a poche miglia marine dalla Francia ma fedele alla corona inglese, sebbene con uno status moto particolare.
La due giorni di Jersey è consistita di un incontro pubblico dal titolo esemplificativo “Centri finanziari offshore, passato, presente e futuro”, cui purtroppo non ha partecipato il governo locale, sebbene fosse stato invitato. Durante il meeting non solo si è ribadita la necessità di un'azione globale e multilaterale per risolvere una volta per tutte lo spinoso problema dei paradisi fiscali, ma si sono anche sfatati dei miti. Per esempio quello che dipingerebbe una località come Jersey abitata solo da persone facoltose per merito dell'industria finanziaria. E invece 8mila dei circa 90mila residenti nell'isola hanno bisogno del sussidio statale, a dimostrazione di come anche in un paradiso fiscale la finanza vada a beneficiare solo le elite e le imprese e che sarebbe ora che il modello di sviluppo venisse ripensato anche a queste latitudini.
Nella seconda giornata d'azione, tra lo stupore e la curiosità degli isolani, una cinquantina di attivisti e quasi altrettanti giornalisti hanno compiuto un “tour guidato” delle principali banche presenti a Jersey (Citigroup, Deutsche Bank e Royal Bank of Scotland, tanto per citarne alcuni), che si stima proteggano nelle loro casseforti un capitale di circa 500 miliardi di euro. A ogni “fermata” sono state fornite numerose informazioni sul ruolo giocato dagli istituti di credito nel contesto della crisi finanziaria e soprattutto come le loro operazione siano state “facilitate” dall'utilizzo dello strumento dei paradisi fiscali.
Anche in questo caso nessun banchiere ha voluto prendere parte a una qualche forma di contraddittorio. Forse non hanno voluto aggiungere un'ulteriore preoccupazione alle tante che già li affliggono in questo periodo.